Pègaso - anno I - n. 6 - giugno 1929
768 A. P ANZINI, I giorni del sole e del grano Signorina, si prenda questa mia testa e la manovri come fa adesso col volante. » E altrove, di fronte alla rivelazione di certe intimità della toletta femminile: •« Se dicessi che tutti ii legami della servitù della carne erano spezzati, mentirei»; e subito sotto: « Ciò non toglie che quando fui solo nella stanza non provassi non so quale abbandono. Confessia– molo apertamente, perché f]e non possiamo più dire il vero, <·herosa siamo noi? Come dev'esser bello in sui vent'anni il giorno della batta– glia!» E non parla no, che Dio lo perdoni, della battaglia del grano .... Qua e là, in questo libro di salute rossa e vigorosa, ci sono degli accenti d'una malinconia più cupa del solito, che né il sorriso né le lagrime riescono a temperare, e che suonano perciò abbastanza nuovi sulla lira del Nostro; come là dove dice : « Accanto alla porta della chiesa sta inchiodata una gran croce di legno. Alle volte saluto, alle volte no. Io ho dei vecchi conti con Domine Dio, 0 allora non saluto; ma poi penso che la croce rappresenta Colui che fu messo in croce, e allora saluto. » E allora non saluto. Panzini è sempre uno schietto scrittore, ma qui sotto mi è parso di sentire per un momento un uomo ancora più schietto dello scrittore. Direi che qui la romagnolità di Panzini ha squil– lato col suo timbro più genuino e profondo. Rompono l'unità campagnola del libro alcuni episodi, come s'è detto, di colore mondano, con la frangia delle solite considerazioni e depreca– zioni. Non direi che quelle sian le pagine più belle del libro, ma pure c'è sempre il tocco dell'artista: quel tocco per il quale sarà forse curioso doversi accorgere, mettiamo, fra cinquanta anni, che di tanti specchi dovei la vita moderna ha trovato il tempo di riflettersi, quello tenuto dalle mani di questo scontroso Panzini, che pareva proprio non volesse aversi niente a che spartire, era uno di quelli di luce più nitida, più ferma, più giusta. · La lingua è quella magra, scaltra, seguace e oramai buona a tutto dell'ultimo Panzini. Il periodo, dai tempi oramai lontani della Lanterna, ha trovato via via sempre maggiore libertà di snodature, i;:o,pienzadi pas– saggi. Modi dialettali e ardimenti di linguaggio parlato sono sparsi nel libro con perfetta discrezione d'artista, formando un tutto omogeneo e vivace. Pericolo, invecchiando, di molti scrittori italiani, è che anche riu– scendo a rinnovare situazioni e a dire cose nuove, vengano col tempo senza accorgersene aggravando certi loro difetti di forma che fanno subito parer vecchio anche il nuovo; ma Panzini può ridire cose dette da lui stesso altre dieci volte in modo che sembrino pescate all,)ra allora. ANTONIO BALDINI. UGO OJETITI, Direttore responsabile TIPOGRAl!'IA ENRICO ARIANI - VIA S. GALLO, 33 - FIRENZE. BibliotecaGino Bianco
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