Pègaso - anno I - n. 6 - giugno 1929
760 I. SH'ILIANO, Il Teatro di Pirandello, eac. di maschere, come il variar di due volti sopra una faccia stessa. Quello toccato e dolente dell'uomo si ritrae, quello dell'artista si rasserena e sorride. PIIDTRO PANCRAZI. ITALO SrcILIAi'lo, Il Teatro di Pirandello, ovvero i Pasti dell'Artificio. - Bocca («Bibl. Artistica», vol. XXII), Torino, 1929. L. 8. La critica di Pirandello è nel suo cattivo quarto d'ora. Prima fu l'indifferenza; poi la frenesia; adesso è l'ostilità. S'arriverà all'equi– librio ? L'assunto del feroce libretto che Italo Siciliano avventa, non contro l'arte ma contro l'ideologia dell'autore dei Sei personaggi, è questo, che di Pirandello ce n'è due: un Pirandello realista sincero, e un Pi– randello metafisico lambiccatissimo. « Un grande drammaturgo, forse il più grande drammaturgo italia,no, complicato, traviato, diminuito da un pessimo filosofo. » Chi fu a meravigliarsi, anni fa, che parlando di questo scrittore nessuno si fosse ancor ricordato d'un sofista suo conter– raneo, sebbene non proprio suo contemporaneo, Gorgia di Leontini ? Per Italo Siciliano, tutta l'asserita cerebralità di Pirandello si risolve nel sofisma; e, che è peggio, di bassa qua,lità . .Pirandello vede « casi strani e complicati>> in « modesti fatti che non hanno proprio niente di terribile; che sono sempre accaduti, e ac– cadranno>> sempre. Attingendo la sua materia da un mondo assai trito e comune, Pirandello avrebbe tutte le virtù per presentarcele con un'im– mediatezza viva, attraverso le scaltrezze d'una tecnica perfetta, e verso conclusioni (si noti) d'una morale tradizionale: ché, tirate le somme, l'arte del Nostro alla ,fine « premia i buoni, punisce i colpevoli, .flagella il vizio, esalta la virtù, non vuole la morte del peccatore. Teofrasto gli avrebbe trovato un buon posto nei suoi Caratteri, e Montyon gli avrebbe · dato il suo premio, senza rimorsi. >> ,Senonché, per arrivare a queste conclusioni, Pirandello si crede in dovere di complicar le cose col « bagaglio da rigattiere>> d'una filosofia, dice il .Siciliano, da strapazzo. L'individuo pirandelliano sarebbe « un povero, convulsionario essere, passivo e agente, uno e molteplice, in– fallibile e fallace, illuso, padrone e schiavo di se stesso e del mondo, Dio e fantoccio.>> « Quest'individuo - umanamente e storicamente, direi, vero o pos– sibile, filosoficamente Arlecchino o assurdo - comincia ad agire, a pen~ sare. Comincia, cioè, a ' costruirsi ' per sé e per gli altri. Si fa una parte e una maschera. Si fissa e si moltiplica; diventa uno, diventa centomila, talvolta nessuno. Onde appare diverso agli altri, ma spesso diverso anche a se stesso. Irriconoscibile agli altri e irriconoscibile a se stesso. Egli non si vede come gli altri lo vedono, e talvolta oggi non si vede come si vedeva ieri. Ordinariamente vive e non si vede vivere. Ghé se, per caso, si vede vivere, succedono - secondo i loici - delle t. cose terribili. >>Ancora: « l'individuo guarda all'universo. Lo ' assume'. Questo contatto, cioè, avviene per rappresentazione, come in Schope– nhauer; per interpretazione ed arbitrio, come negli scettici e nei sofisti. BibliotecaGino Bianco
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