Pègaso - anno I - n. 6 - giugno 1929

Congresso e crisi del folklore 753 folklore storico, ma c'è anche un folklore etnografico: io stesso, filologo, ho contribuitò in questo congresso a metterne in chiaro un esempio in u 1 n rito superstizioso antichissimo, la « couvade », più diffuso in Italia di quanto si credeva sin qui. E il folklore etnografico va riservato a studiosi di cultura etnografica. Tali sono stati sinora, tali rimarranno per buona parte i migliori tra i folcloristi, anche se l'etnografia è in ultima analisi protostoria. Per classificare i fatti occorre conoscerli, cioè raccoglierli. Il com– pito non ·è facile, perché contadini e in genere popolani sono gelosi dei loro usi, del~e loro novellette e poesiole, dei loro dialetti, e temono di essere dileggiati dalle persone superiori; e la facoltà di accattivarsi la loro fiducia non è comune tra i dotti, i quali, se anche vengon di popolo, si costruiscono presto la loro torre d'avorio e vi si chiudono dentro a vita. Occorrerà dunque incaricar della raccolta, per ogni comune e per ogni frazione, persone alle quali il popolo non abbia troppo ritegno a confessarsi, prima di tutto i preti, poi anche i medici condotti, le , levatrici e quei maestri che una pedagogia illuministica non abbia gon– fiato di dispregio per l'ignoranza e le superstizioni. E occorrerà pre– parare fogli di domande, formulate sul fondamento di una larga espe– rienza, che dovrà saper profittare anche degli studi di nazioni nelle quali la conoscenza del folklore è più avanzata che da noi : i paesi baltico– slavi, la Germania e specialmente la Francia, che per tanti rispetti è a noi così affine. Di metodi d'inchiesta minuziosi, ma per ciò appunto assai perfetti, diede esempio nel congresso appunto un Francese, il Van Gennep. E ammaestramenti possiamo ritrarre, nonostanti i dinieghi del Van Gennep, che parve molto fiero di un'originalità la quale nessuno pensa a negare o sminuire, dalle inchieste parallele degli studiosi fran– cesi e svizzeri di geografia linguistica, Gilliéron, Jud, Jaberg. Anche i resulfati delle due inchieste, se si può sin d'ora giudicare da• quel non molto che il Van Gennep poté comunicare per la Savoia, il Micheli per l'Appennino pontremolese, corrono, in buona parte paralleli. Villaggi che hanno in comune usi, è probabile che si rassomiglino anche per la lingua; la diffusione di un canto o di una novelletta rende testimonianza di relazioni che favoriscono il propagarsi di un dialetto o almeno di isoglosse. Tutto ciò, s'intende, per quel che riguarda il folklore storico; il folklore preistorico o etnografico resterà per sua natura piuttosto sporadico; e tanto più sporadiche saranno a,nche in quello storico le coincidenze, quanto più ci riportano a un'età remota. )fa di ciò giudi– cheranno meglio gli amici Battisti, Devoto, Sorrento. Converrà chiedere ai nostri rappresentanti di esser oggettivi, di voler fotografare e non abbellire; si dovrà anche pregarli di non ragionar troppo, ché la rac– colta tanto meglio riuscirà, quanto meno sarà turbata da ipotesi pre– concette. Ma si dovrà mostrar gratitudine a chi osse1~vi di sua inizia– tiva anche di là dai limiti delle nostre domande. e di ciò che ha scoperto informi fedélmente e rapidamente, mettendo in grado di aggiungere altre domande in fogli suppletori. Il compito più urgente è ora quello di creare un'organizzazione centrale: competenti. in Italia non mancano. GIORGIO PASQUALI. ibhoteca Gino Bianco

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