Pègaso - anno I - n. 6 - giugno 1929

'746 U. Ojetti quanta o sessant'anni fa), fai pure. Se ti piaee giurare che quel che tu dici, è nuovo, tutto inventato sul niente da te come il cosmo dal caos, fa.i pure. Noi invece ti si vuol bene e ti s'applaude per quello che tu .rappresenti di vecchio e di vecchissimo, d'antico e d'antichissimo, e per la sudata fatica con cui in buona fede lo ridipingi a nuovo così che noi non s'abbia a sbadigliare. Né so chi altro oggi vi possa riuscire me- ·glio di te. Luigi Valli ha ritrova.to parola per parola il tuo proclama sulla necessità d'incendia re le biblioteche per non soffocare gli uomini col peso della sapienza passata, nell'editto d'un ministro cinese del terzo -secolo avanti Cristo, il quale però le biblioteche le incendiò sul serio; ha, ritrovato i tuoi versi nei versi di un Manoello Giudeo contemporaneo di Dante, che tu certo non :wevi incontrato nemmeno in un'enciclopedia; e io stesso un giorno ho mostrato a Umberto Boccioni e a te le « Biz– .zarrie di varie figure » che Giovanbattista Braccelli pittore fiorentino de– dicava nel 1643 a don Pietro de' Medici e che i russi bolscevichi, da te imprudentemente ricordati a Lucca tra i tuoi ammiratori, prendereb– bero per schiette opere dei tuoi mutevoli e cosmopoliti seguaci. E venendo a tempi più nostri, che altro è se non un futurismo jn parrucca la decrepita Querelle des A.nciens et des Modernes piantata dal povero Perrault, quel delle Favole, in piena seduta dell'Accademia di Francia contro Boileau, Raeine e Lafontaine, nella solenne tornata in cui si festeggiò Luigi decimoquarto guarito dalla fistola ? Ma sì, nel- 1' Accademia di Franci a, nell'Accademia degl'Immortali; e questo mo– stra quanto sia sta.to sagace Benito Mussolini quando ha fatto Acca– demico anche te , ché u n italiano più pervicaeemente e cordialmente ac– ,cademico non avrebbe potuto trovarlo nemmeno tra i vecchi di Crusca. Platon qui fut divin au temps de nos aieux, Commence à devenir quelquefois ennuyeux., .. E, a udire il Perrault, Socrate meritava d'essere preso, potendo, a ,ceffoni, e la Clélie di Mademoiselle de Scudery era superiore all'Iliade. E del nostro Marino e· dei Marinisti che le immagini più cannoneg– ;gianti cli Marinetti (nom·ina omina) quando faeevi più versi che discor-si, -ricordavano tanto bene, e del loro « ardimento di tentare i modi più in- -soliti, violando l'arte stessa, pur di ottenere successo sul mercato dei ,piaceri o d'incuriosire e sbalordire la gente», che s'è detto? Che quella ·« invece di libertà estetica era insomma una libertà, come ora si chia– merebbe, futuristica. » (Traggo la citazione da Benedetto Croce cne per voi Futuristi ha avuto sempre un certo debole.) E proprio a un romanticone schietto e fronzuto come sei tu, devo Tammentare le dispute, le satire, le invettive, le, lettere e i sermoni tra ·classici e Romantici italiani? Ci s'addormenterebbe in piedi. E poi in queste faecende i paragoni, se si vuol camminare, non devono essere troppo stretti e aderenti. A paragonare te al Manzoni e me, per amor di Pègaso, mettiamo, al Monti del sermone Sulla Mitologia, c'è da far ri– dere tutti gli dei di marmo allineati nei musei di Roma. Quel che im- Biblioteca Gino Bianco

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