Pègaso - anno I - n. 6 - giugno 1929
La Stella del Nord 741 portata dalla corrente, mentre i soldati cantano, le mani tuffate fuori dei bordi, lasciando tante piccole scie di spuma nell'acqua dorata dal sole .... La signora Celeste intanto ha messo a letto il 111onno, ed ora tende l'orecchio verso la scala, ma non ode nessun rumore. Anche Serafina deve essersi addormentata in cucina. È tardi: il vecchio orologio a cuculo segna già le dieci e mezza. E ancora 1110n tornano ! Qualche voce confusa vien dalla strada, e la signora Celeste vuol andare a vedere. Ha paura del buio. Per nulla al mondo oserebbe attraversare d'a sola il giardino. iMa su c'è Massimo, e questo pensiero le dà un coraggio che non ha mai avuto. Si butta una sciarpa sulle spalle, esce 111el vialetto, è già quasi al cancello, quando le par di scorgere poco lontano U111 cespuglio agitarsi con un forte fruscio di foglie, mentre l'aria è quieta, e la ghiaia del sentiero cricchiare come pre– muta da un piede, mentre il giardino è deserto. U111 brivido le corre dalle gambe alla 111uca, ma non ha tempo 111é di fuggire né di gridare, perché subito vede un'ombra sorgere come per magia al suo fiamco, sente una mano che le stringe il braccio, e rico111osce la voce di Mar- 'cello, poi la sua sagoma alta e massiccia, e infine i lineamenti del suo viso coo gli occhi che luccicano come vetro. Trova appena la forza di bisbigliare : - Lei qui! Vada, vada via! Ma Marcello 11100 se ne vuole andare. - No, non vado via, - dice con voce soffocata, - senza di te non vado via. Fuggiamo insieme. - Io fuggire con lei ! Ma è pazzo ! - balbetta la signora Celeste atterrita. - N Olll posso più tornare a casa mia, lo capisci ? - dice Mar– cello: - Vivere coo mio padre? Avere per matrigna la mia serva? Ho vergogna, ho orrore di questa sporca cosa. - Se 111e vada, per carità! - lo supplica la signora Celeste che si è un po' riavuta dallo spavento e ora cerca di svincolarsi dalla sua stretta : - Fra poco sarà qui mio marito .... E Massimo ? Mio Dio, non pensa che ci può sentire ? - Non m'importa più di 111essuno, nOIIlho più paura di 111iente, - rispoode !Marcello, stringendole il braccio sempre più forte : - La– scia pure che mi dia dello zotico ! Lascia pure che mi chiami testa di pipa! Lo rispetto perché è tuo figlio. Ma fuggiamo! Ti amo, sal– vami, liberami, fammi vivere, aiutami a vendicarmi! - È una pazzia! Chiamo ! Grido ! - Ho molto denaro, - insiste Marcello, cercando ora anche di trascinarla verso il cancello, - l'ho rubato a mio padre, ma è mio, mi appartiene, lo spenderò tutto per te. Ne avremo poi altro, molto di più, so io dove prenderlo, faremo una vita splendida! Lascia que– sto vecchio chiacchierone, questi ragazzi stupidi che ti :invecchiano iblioteca Gino Bianco
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