Pègaso - anno I - n. 6 - giugno 1929
La Stella del Nord 737 - E tutto per colpa mia ! - No, -questo no, Massimo, non soltanto per colpa tua, - disse la signora Celeste : - E che colpa potresti averne ? Colpa di questa vita che si conduce da amni, prima assai della guerra, e che nOIIl accenna a finire. Per una ragione o per l'altra, sempre ansie, timori, niente mai di sicuro, oggi qui, domani chi sa dove, oggi ricchi, do– mani poveri, e così sempre; e fra un'alternativa e l'altra, U!Il'esi– stenza grigia, chiusa, in paesi impossibili, che non lasciano prospe– rare nemmeno le pietre. Un teatro, un ballo, una festa, dove una dO!llnagiovame e non tanto stupida possa ancora svagarsi, brillare, un po' di benessere, insomma, un po' di riposo vero, chi sa più che cosa siano? Voi forate le montagine, voi uomini, fate la guerra, cor– rete il mondo, cambiate un clima dopo l'altro, si sa, vivete da uomini, e noi mettiamo le rughettine, facciamo i capelli bianchi e così inu– tilmente si consumano i nostri aIDnimigliori. Come non invecchiare, Massimo mio! Bisognerebbe esser di ferro. Ecco: bisognerebbe esser proprio di pietra. La signora Celeste si asciugò .furtivamente l'angolo degli occhi. Massimo se ne accorse, prese la sua mano e la baciò. - Ebbene, mia bella mammina, - disse sottovoce, carezzevole, con lo stesso tono persuasivo e dolce che usava suo padre nelle me– desime circostanze, - il peggio è passato. Ah! Ah! Ci lascino ri– prender fiato, e vedranno di che cosa siamo capaci. Soltamto, ora che sono tornato io, non bisogna piò piangere. Mai più. È inteso ? Me lo prometti ? - Sì, Massimo, - mormorò remissiva la signora Celeste. - Io sono ottimista, -continuò Massimo: - Non so ancora che cosa farò, ho bisogno di orientarmi, ma penso che quattro anni di guerra debbano pur servire a qualche cosa. NOIIlho avuto paura di morire, e dovrei aver .paura di vivere ? - Ah, vedi che 1110n hai avuto paura! - Ho avuto paura delle pallottole che bucavano la pancia, delle schegge che tagliavano le gambe, ma la morte non mi ha mai fatto paura. Ora voglio intorno a me soltanto visi cootenti. Voglio che Tata Stefano sia felice COIIle sue miniere, voglio che mamma Ce– leste possa brillare con i suoi giovani capelli biaIDchi, voglio che Benito se la goda come cooviene alla sua età, e che Alessand'ra .... A proposito! Di Alessandra non abbiamo parlato. Sai che è uno splendore? - Vero ? - mormorò la signora Celeste, mentre nei suoi occhi passava vagamente l'immagine di Marcello. - Una stupenda creatura! - ripeté Massimo con entusiasmo. - .Sì, - soggiunse senza alzare la voce la signora Celeste, - è una stupenda creatura. Purtroppo credo che non rimarrà molto coo noi. Sai, Marcello, quel giovaIDe, il figlio del conte Pepi, quello che era qui poco fa ? Ebbene : 1110nmi stupirei che la volesse sposare. 47 - PI.gaso. iblioteca Gino Bianco
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy