Pègaso - anno I - n. 6 - giugno 1929

722 U. Fracchia tare. Su diciannove, diciassette dichiararono di essere nuotatori; oltre il loro sergente, che ,aveva il braccio spezzato da una scheggia di bomba, solo il tenente Horvath dichiarò di non aver mai nuotato in vita sua. Taglirummo allora alcuni cespugli e glieli legammo sotto le ascelle, altri sulla schiena, coone uno che è rundato nel bosco a far fascine e se le porta via. Erano invece le fascine che dovevano portare lui sull'acqua. Poi io stesso, afferrandolo per uno dei nodi (·,helo legavano, con uno spintone lo buttai nel fiume, ed io dietro di lui. Altrettanto fecero i miei diciassette uomini con dicirussette dei loro che potevano nuotare senza fascina. Il diciottesimo lo lasciammo a guardia dei morti, con i nostri tre feriti. Così i111co– mi111ciammonuovamente a tagliare la corrente. Il tenente Horvath si teneva a galla senza fatica ed io me lo spingevo innanzi nella direzio111e voluta. Egli non faceva il più piccolo movimento né per aiutare le fascine, né per ostacolare la mia manovra. Solo ogni tanto, co111 l'acqua alla gola, ma con un accento perfettamente calmo f>denergico : << - Questo non è giusto, signor capitano, - diceva : - Questo non è da soldato. ' << I suoi uomini invece èrruno pallidi, ed io vedevo le loro facce contratte come mascheroni emergere dall'acqua e fissare la terra vel\so la quale stavMil.o nuotando. Essi temevano, poveretti, quello che avvenne dopo pochi minuti. Infatti, non aveva.mo percorso ve111tidei quaranta o cinquanta metri che dovevrumo percorrere, quando al pioviscolo che, lento lento, facendo tanti piccoli fore1lini 111ell'acqua intorno a noi, ci batteva sul viso si mescolò la gran– dine di alcune scariche di mitragliatrice e di ;moschetto che ben presto misero lo scoonpiglio fra i miei llluotatori e centuplicarono le loro forze. Ma, cosa miracolosa, in trentasei eravrumo partiti e in trentrusei ci ritrovaimmo tutti illesi a ridosso dell'isoletta. Essa aveva il merito di essere un po' più elevata delle altre sul filo del– l'acqua. Era anche completamente deserta. Potemmo dunque pra– ticare nella sua proda le nostre buche, come a ridosso di un terra– pieno, mandando i pri,gio111ierisulla cresta del rialto se mai a qualcuno daJ.la sponda si111i,stra del fiume, che ormai non era eh~ a cinqurunta o sessanta metri, fosse saltato il ticchio di inviarci il regalo di un barilotto che da solo sarebbe bastato a mandare al• l'aria tutta l'isola con quanti eravamo. Io non potevo sapere allora che quelli sparati c01I1trodi 111oi dall'argine erano gli ultimi colpi di cui dovevano echeggiar quelle rive. << Il tenente Horvath, liberato dalle sue fascine e seduto sul ciglio <l'una piccola frana, ci guardava lavorare m silenzio. Gli abiti fradici si erano incollruti sulla sua persona e il suo viso era bianco di freddo. Ma noi 1110n struvamo meglio di lui. Soltanto verso mez– zogiorno il cielo si ri,schiarò un poco e una bava di sole scese a Biblioteca Gino Bianco

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