Pègaso - anno I - n. 5 - maggio 1929

Voi che ascoltate 567 sia stata affermata, impugnata, ribadita, e cosi via dagl'illustratori. Il risultato di tanta critica e storia è dunque che tutto ritorna ad esser materia d'~inione. E allora peréhè Ìton :fidarsi del Petrarca piuttosto che dei professori, e accettare la sua storia co-.;ìcome egli ce l'ha raccontata? È quella del resto che più ci mette in simpa– tia con l'opera sua e ce la fa capir meglio: ha dunque le maggiori probabilità d'esser la vera. Non c'è poesia, dicono, che sia decifrabile col puro intelletto; ma questa sicuramente meno d'ogni altra. Nella famiglia dei geni, il Petrarca è dei più sprovveduti. Dove un Dante ci fa l'effetto che spenda e spanda quanto vuole, gliene avanza seilljpre, il povero Pe– trarca sembra disporre d'un margine strettissimo, e campare diffi– cilmente. La sua poesia è delle più spericolate; direste che la viva e dolorante materia sia riuscita a prender forma appena appena, per Ufll vero miracolo, che un niente sarebbe bastato .a, far fallire l'illl– canto, e a trattenerci nei limiti d'una squisita letteratur::t. Ecco iperchè il punto di prospettiva ha tanta importanza nel caso i;,uo, è l'effetto che produce è così dipendente dal sentimento del lettore. Non per altra ragione i giudizi sopra di lui variano come il giorno dalla notte, e dove per il Foscolo egli è sovrano nell'espressione del dolore, per essa entra ÌIIl ogni cuore, e ogni cuore entra nel suo, ali' Aleardi pare incredibile che sia mai stata versata una lacrima sul Canzoniere. Sia detto di passata che se il Petrarca di solito riceve poca luce dai suoi chiosatori, parecchia ne manda invece sopra di loro: raramente qualcuno ci parla di lui senza scoprire poco o tanto di, sè. La ragione detta sopra spiega anche il fatto che certi suoi versi, magari famosi, Luce e ~iposo di miia stanca vita, mettiamo, e tam.ti altri, non ci danno mai tutta la loro forza mentre li leggiamo nel t esto, ma vogliono prima essere per un poco di tempo portati e come intiepiditi nella memoria. Il sonetto Voi che ascoltate è una sorta di punto panoramico, dal quale meglio si sipiegano davanti a noi quest'opera e que<;ta vita così malamente separabili. L'autore stesso ce ne ha dato Ufll indizio, mettendolo dove l'ha messo. NOlllha data certa; qualcuno lo pollle tra il 1348 e il '49, il tempo della morte di Laura. È cosa in ogni modo matura. Il poeta sta al vertice dell'età sua: runche gli anni della maturità stanno passando. O di velooi ,più che vento e strali. S.e si rivolge 1 può misurare le devastaziollli compiute nella sua esi– stenza di malincolllico e di solitario dal fuoco insaziabile che lo di-

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