Pègaso - anno I - n. 5 - maggio 1929
San Benedetto e San J?rancesco nella storici d'Italia 539 società, e perciò non immune dai suoi m.;:i,li.Gli affari morndani gravano sugli alti pastori ecclesiastici ; le passioni mondane si agitruno, e talvolta infuriano, iintorno ad essi ed irn essi. Sopratutto, la struttura del Basso Impero, - con le sue gerf1rchie assolutistiche e la sua rigida divisione di caste annullante la vita sociale; con la servitù della gleba inchiodante al suolo i coloni, e col suo corpora– tivismo coatto riducente à servi dello stato artigiani e commer– ciamti delle città; col suo fiscalismo oppressivo che aveva assorbito e distrutto la vita municipale, e la sua economia di latifondi, di monopoli e di prezzi statali, sperperatrice e improduttiva, - avvi– luppava le chiese vescovili. Essa minacciava d!'isterilire la vitalità del giovane popolo cristiano, riducendo le sue comunità e i loro pastori a strumenti e vittime dell'assorbente e infecondo cesarismo · bizantino.· Nelle altre province dell'ex-impero d'Occidente, da più tempo e assai più decisamente staccate dall'impero e più lontane spiri– tualmente da esso, la decomposizione del vecchio mondo procedeva assai più rapida; più libera e rigogliosa cresceva la nuova vita. In Italia, Odoacre e Teodorico avevano mantenuto sostrunzialmente in– tatte le vecchie strutture, e non avevano punto reciso i vincoli ideali e giuridici fra l'Italia e Bisrunzio. E fra poco il dominio diretto dell'impero doveva tornare a pesar sulla nostra terra, e perdurarvi p~r secoli. fu che relazione stanno, con questo mondo uffidale politico– ecclesiastico, San Benedetto e l'opera sua? Termini equivoci per caratterizzare l'uno e l'altra sono da tempo in circolazione. Si parla correntemente della «romanità>> del Santo di Norcia e della sua regola: la parola ha una :fisionomia augusta e una risonanza gran– diloquente, ma il sigmificato non è punto semplice, quando si tratta di uomini e cose del VI secolo, di un tempo, cioè, in cui Roma runtica e i romani autentici eramo spariiti da centinaia d'anni. Se per ro– manità di Bene.detto s'intende (come è stato fatto giusto in questi giomi da uno studioso di Roma antica) la praticità sociale del– l'opera sua, ritrovandovi « il buon senso pratico degli runtichi con– tadini romani)), si può sottoscriv~re, non fosse altro a titolo di spurnto, di paragone, d'immagine. Ma dalla romanità ufficiale del ' suo tempo (anche quello studìoso è d'aocordo) l'abate di Montecas– sino è lontanissimo. La sua regola e l'organizzaziooe del suo mo– nastero (per quanto possiamo raffigurarci .questa seconda attra– verso la regola stessa e gli episodi scuciti di San Gregorio) non hrunno nulla dello spirito legalistico minuto e opprimente proprio del diritto imperiale romano-bizantino; esse igmorano le gerar– chie complicate e fastose della burocrazia cesarea; e rimangono totalmtmte estranee al corporativismo statale rigido e assorbente del Basso Impero. Il monastero benedettino è un'associazione spon- ,tanea, forndata sul libero concorso delle volontà nell'obbedienza l,bllotecaGino Bianco
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