Pègaso - anno I - n. 5 - maggio 1929

514 1'. Lodi romanzo: solo la sua « importunità impertinente e ragazzesca» riuscì a superare gli ostacoli. Fino da quel primo incontro il Ma,nzoni intuì forse l'intimo dramma del giovane dalmata « povero, solo, selvaggio, impaziente, ombroso, superbo»; certo ne riconobbe ,subito le rare doti. della mente e dell'animo, e l'accolse con molta 'benevolenza. Quando, pochi mesi dopo, il giovane ribelle, per non sapersi piegare a lavori mercena-ri nei quali gli pareva di prostituire l'ingegno, si guastò con lt> •Stella, non volle, per orgoglio, ricorrere all'aiuto paterno, eppure ri– corse al Manzoni. Della lettera che gli scrisse in quella circostanza aveva serbato copia; ma poi, forse di proposito, la distrusse: ne è rimasto tra le sue carte un misero frammento con queste prime e sole parole: « Ad Alessandro Manzoni. Milanoi 1825, 2 Agosto. Ricorro alla, sua umanità .... )). Al commosso appello risponde la prima delle nostre lettere, piena veramente' della invocata umanità. Ooi cinque zecchini avuti in prestito il povero giovane letterato si conduce sino alla fine del mese. Poi impegna l'orologio, e rimborsa il Manzoni, accompagnando i cinque zecchini con una lettera, di cui si trova copia tra le carte fiorentine, e che merita d'essere conosciuta, perché è specchio del suo bizzarro temperamento: nell'atto ste1;,so di rendere umili grazie al generoso soccorritore, egli proclama, con bal– danza un po' ingenua, il suo assoluto spirito d'indipendenza, la sua piena libertà di giudizio: « la mia gratitudine non mi vieterà dir di Lei tutto il bene e tutto il male ch'io sento l>. Il Manzoni gli risponde con l'usata benevolenza. •« La sorte, che non mi poteva far piangere, ha incominciato ad arridermi», scriveva il 'l'ommaseo; ma s 1 illudeva: non i molti lavori ideati o già compiuti, non Tucidide, né Sant' Agostino, né La Roche– foucauld lo solleveranno dalle angustie in cui. si dibatte; un libriccino, Il Perticarì confutato da Dante, gli frutta cjna,ttro mis~ri luigi: vende le sue vecchie robe, è alla fame : ancora, una volta, e non una, volta sola, lo soccorrerà l' << umanità>> del su<>Poeta. Già sapevamo che nel no– vembre del '25, con tre soldi in saccoccia, una. sera si presentò al Man– zoni a chiedergli due lire per desinare, e il Manzoni si commosse fin_o alle lagriine; un'altra volta, « fasciando del poetico velame la piaga del òolore l>, gl'indirizzò un'epistola i:p-terzine: Se Piramo, Signor, le bianche more Fe' rosseggiar morendo, i' temo anch'io Questa carta macchiar del mio rossore. E a chi dunque mostrar 'l'obbrobrio mio (Poich'obbrobrio nel mondo è l'aver fame) -Se nol mostro ad un uom che crede in Dio ? ( .La terza e la quarta lettera, senza data, sono da ascrivere cmi ogni ~robabilità allo ·scorcio del medesimo anno 1825, per quell'accenno a un nuovo soccor,so. Dalle lettere si rileva anche che tra il Manzoni e il Tommaseo ci fu allora « qualche alterazione» ; di che non ci meravi- BibliotecaGino Bianco

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