Pègaso - anno I - n. 5 - maggio 1929

• I L. DAUDE'r, Paris vécu 639 dov'è i~ c~stello della Gharmette? e dove sono le passeggiate solitarie della g1ovme contessa d'Houdetot e di Gian Giacomo ? e dove sono le n?~e del cembalo su cui si posano le mani di Luisa d'Épinay, sempre p1u stanche? GIUSEPPE ORTOLANI. LooN DAUDET, Paris vécu; lre Série: Rive droite. - Gallimard, Paris, 1929. Fr. 12. Anche questo libro è, in fondo, lo stesso libro che il Daudet finisce con lo scrivere tutte le volte che si mette a scrivere un lihro; eccet– tuando le opere d'arte narrativa. E, a rigore, bisognerebbe cominciar questa nota, facendo la faccia scura, e deplorando che un prosatore talmente dotato non sia riuscito, ancora che un « o-iornaUsta » adora- bile e formidabile ; ma insomma, un gi~rnalista. " ' Ma tante volte ho sentito qualcuno che non sapeva capacitarsi, mettiamo il caso, che un certo cavano non fosse che un cavallo. E, voltatomi a guardl;\,re chi parlava a cotesto modo, trovavo sempre che era un asino. O sentivo qualche altro lamentare che un certo giorna– lista, non fosse che un giornalista. E voltandomi, mi trovavo dinanzi il più meschino dei cacografi, e il peggio riuscito dei pedanti. Della propria dipendenza dagli altri, nelle dottrine politiche e letterarie, il Da!-].det ha sparso si generose attestazioni che sarebbe stupido contestargli la originalità su tutti i punti. Ma, limitandoci al recente Réve éveillé, e alle ristampe dell' H érédo e di Le monde des Irnages, non molti -volumi di psicologia e repertori di notazioni cri– tiche e stilistiche si posson leggere, in epoca che ne abbonda come la nostra, con altrettanto, non frivolo, interesse. Sarà, quella, del Daudet (come, in altri aspetti, quella di D. H. Lawrence) una critica che muove trbppo bruscamente da considerazioni psicofisiche. Ma i suoi risultati d'osservazione concreta riescono spesso superiori a quelli di critici ineccepibili, quanto ai fondamenti dottrinari, ma fiacchi d'istinto e poveri di gusto. Più strano è che, con una acuta intelligenza della classicità ed una filologia tanto ricca e sicura, sempre teso a cogliere, nel discorso degli scrittori e nel meccanismo della loro immaginazione, quelle bal– buzie ideologiche, quei residui inerti, quelle movenze di ripiego, che egli indica con la formula: « costellazioni ereditarie ii, il Daudet non riesca poi ad operare senza accettarsi nel difetto. Tanto un ideale d'arte può coesistere con una pratica in tutto opposta. Lo vediamo nel nostro Barilli, una specie di Daudet più astratto ed elettrizzato; che quotidianamente sacr:iifica ai numi di una musica perlata, rettilinea, tutta ingenue prima,vere, in uno stile ossidrico, ad altissimo esplosivo. Lettori dei Souvenirs daudetiani, in questo primo tomo su Parigi si ritrovano a casa loro. L'esperienza che, nei Soitvenirs, si disponeva cronologica111ente intorno a personaggi e fatti politici e letterari, fra il 1880 e l'immediato dopoguerra, nel libro su ~arigi si ~rganizza, a dir cosi, topograficamente. Costretto dalle note vicende a viver lontano dalla sua città e dalla patria, il Daudet sembra ripercorrere nos_tal– gicamente la metropoli; non a ricostruirsi, nella fantasia e sulla pagma, ibl10 eca Gino Bianco

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