Pègaso - anno I - n. 5 - maggio 1929
M. BON'l'EMPELLI, n figlio di due madri 635 più largamente impiantata delle altre nasca di botto qualc'altra cosa inquartata e asciutta, senza fretta e senza lungaggini, che tutti dican~ · a una voce: eccolo, il vero romanzo Haliano. Q.uanto poi a prescriverlo, a volerlo veristico o fantastico, comunale o IDetafisico, borghigiano ò cittadino, distaccato o sentimentale, questo se lo saprà, caso per caso, colui che l'avrà disposato con la sua gemma. E lo mio damo si chiama Lorenzo Ha un'andatura che mi piace tanto Cammina piano e arriva sempre a tempo. In gran parte, credo che sia proprio una questione d'andatura. Quando tu dici andatura italiana capisci subito che il romanzo di Balzac di Flaubert, di Bourget non possono servire da modelli. Anche Man~ zoni, in fondo, colle sue finezze da fiam:i:ndnga,la fa alle volte abbastanza lunga. Arriva, sfido!, sempre a tempo, ma se in certi punti affrettasse un poco il passo riuscirebbe forse a tenere un po' più sollevata la, . nostra attenzione. È un fatto che non si esce senza un po' di stanchezza da una lettura filata dei Pro·messi sposi. Boccaccio ha il periodo lungo e rigirato, ma i fatti li fa camminare svelti. ,Se immagino il Boccaccio leggere quel primo capitolo coi bravi, le grida e il ritorno del curato alla canonica, lo vedo sbuffare d'impazienza e dire : Ma questo Manzoni non sa raccontare! Non parliamo di Dante, che sta sulle terzine come , sui carboni ardenti e -si sbriga di Pia de' Tolomei in quattro versi, di Paolo e Francesca in una pagina e in due della storia dell'impero ro– mano. Ma chi avrebbe il coraggio di proporlo come modello ai nostri romanzieri ? Su questo interrogativo mi affretto a chiudere la parentesi. Venendo a parlare del romanzo di Bontempelli intitolato Il figlio d·i due madri dirò che lo scrittore ha messo a buona prova le sue qualità di narratore già sperimentate con tanta scaltrezza negli ultimi due vo– lumi di novelle. Qui lo stile è meno teso, la scrittura è volutamente più impersonale e corrente, ma tutto lo sviluppo e le giunture del racconto sono sorvegliati, senza darlo troppo a vedere, colla massima attenzione. Il ca,so che qui si racconta non è meno allucinante e paradossale di quelli da lui immaginati per ,solito a fondamento delle novelle, ma Bontempelli ha capito che per riuscire a far leggere oltre duecento– cinquanta pagine bisognava che mettesse molt'acqua nel suo rhum. E il lettore che faccia gran caso delle finezze e bravure stilistiche, in que– sto romanzo troverà, tranne pochi luoghi che in verità fanno un po' macchia nell'insieme, uno stile da cronaca, povero di colo_re_e con un minimo di rilievo. Di fronte all'anormalità del caso messo rn 1scena l'autore ha preso il partito di spiegarsi col più normale e piano dei dettati. Non serve qui raccontare il fatto. Già da sé il titolo annuncia la più strepitosa delle avventure che Bontempelli ha l'astuzia di raccon– tare come fosse la cosa più na.t~rale del mondo. In più, l'antisentimen– tale Bontempelli si è cimentato in una trama doppiamente ridondante del più forte e del più sacro dei sentimenti: due madri si con~en~ono un medesimo fanciullo. Per la passione di queste due donne, mirabilmente opposte, Bontempelli ha trovato espressioni intense. senza essere sfor- BibliotecaGino Bianco
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