Pègaso - anno I - n. 5 - maggio 1929
620 H. HAUVE'l"l'E, L' Arioste et la poésie chevaleresque à JPerrare studiar la forma e l'odgine delle singole parti, risalire, cioè, alle fonti, non senza tener conto dell'opinione di chi afferma che« l' Arioslto è poeta, cioé creatore, non perché egli abbia molto attinto .alla propria imma– ginazione, ma perché ha comunicato la vita imperitura dell'arte a 1 figure e scene che altri prima di lui avevano modellato con mano esitante. >) Eccessivo, ma giusto; purché, nòta saviamente l'Hauvette, « on y apporte tous les tempéraments nécessaires. >> N@n ,è indifferenza al con– tenuto; è noncuranza dell'originalità spasmodica che più· tardi ha tormentato gli artisti. Si può, con la stessa modella, e nella stess_a posa, dopo che altri cinquanta pittori mediocri l'hanno ritratta, creare ancora un capolavoro. C'è, nella divina fantasia dell'Ariosto, un angolo che all'Hauvette non piace, benché in esso regni sovrana quella gauloiserie di cui poi si giovò largamente il La Fontaine. Ed è l'angolo per adulti, quello delle storie scollacciate e delle novelle oscene. Al nostro critico pare che qui l'Ariosto sia stato inferiore a se stesso, e però lo condanna, non in nome della morale ma dell'arte. « La critique, daus ce cas, s'en prend à la. valeur morale du récit, uniquement parce que l'art du conteur s'est trouvé en défaut. >> Il che può essere giusto per la storia di. Argia; non è per quella di Fiordispina, e tanto meno per quella di Giocondo. Il Momigliano, che pure è severo per l'avventura di Ricciara'etto, dice be– nissimo di quella di Fiammetta: « Il libertinaggio, che è in parte fallito nella novella ora esaminata, è invece la :Musa della storia di Fiammetta, l'unico capolavoro che sia stato ispirato all'Ariosto dk.lla lascivia. n Nel 1 ' mondo ariostesco, Fiammetta rappresenta un tipo di dònna, o di fem- mina, ·che il poeta ha delineato con arte sovrana. Pure, l'Hauvette ha. ben capito altre eroine del poema, e, per esempio, hà messo in giusta evidenza la sensualità di Doralice. Così, egli mi è sembrato ingiusto verso il poeta, anche quando de– nuncia l' « ab.sence d'expression individuelle profonde 1> nei tre ritratti di Alcina, di Angelfoa, d'Olimpia. Per Alcina, l'Hauvette ha ragione, anche se, meglio che le ninfe dell' Ameto, quel ritràtto ricorda l'Emilia dell'ultimo canto della Tebaide. Ma non è cosi di Angelica, .e tanto meno di Olimpia: qui le ottave dell'Ariosto rivaleggiano vittoriose con il pennello di Tiziano. La musica dell'ottava gareggia, n'el dipingere, con i più meravigliosi colori. La beltà ariostesca, dichiara più avanti lo stesso critico, « est essentialemeut plastique : elle vaut par la ligne, par le relief, par la couleur, plus que par le caraetère individuel. >> E ricorda anch'egli il Vecellio. Benissimo. Vorremo dunque cercare un. pensiero sotto la candida fronte delle Veneri tizianesche ? E quanto alle addizioni alla terza edizione, è giusto affermare che il meno che se ne possa dire « c'est qu'elles n'étaient pas ·nécessaires >> ? Lo stesso Hauvette riconosce poi che l'episodio di Olimpia « marque le rlus haut degré de perfection auquel _se soit levé l'art du poète. >> Ecco, m un'opera d'arte, una necessità, anzi una fatalità evidente. Ma l'Hau– v~tte, all'incontro, ha mille ragioni quando giudica inutile l'episodio d1 Leone; e tutti gli intendenti sono stati e saranno d'accordo con lui. Henri Hauvette, professore di letteratura italiana all' Universi~à BibliotecaGino Bianco
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