Pègaso - anno I - n. 5 - maggio 1929

Ricordo di Giovanni Beltrami 617 parti « per vedere))' « per farsi un'idea))! Gente poi, per lo prn, che appena sentiva iì cannone di lontano cambiava colore e in cuor suo malediceva l'ora, il punto e il momento che aveva ceduto a quella « pa– triottica>> curiosità .... .Uerto, quel voler «vedere» nu<lo e crudo dava un po' di fastidio. Una volta, dopo aver contemplato insieme da un osservatorio avanzato la presa del Vodke, lascio partire Beltrami per Milano e di li a due giorni gli mando dietro un articolo dove, fra l'altro, egli poté leggere queste parole: « È inumano che ana guerra ci possa esser posto per chi vede. fD nel giusto solò chi la fa. La guerra ha una sua vita privata e un enorme pudore che ricaccia, al con,fìne della zona d'operazioni tutti gli altri eh.e non la debbono fare. Non c'è giustificazione al mondo che ci salvi da questo peccato d'aver voluto vedere. >> Beltrami mangiò la foglia; passò l'articolo in tipografia e poi mi scrisse: « Ho ~entito tutta la giustezza del ri,rriprovero; ma carne si fa a non 'voler vedere ? quando ci pare che anche la nostra anima possa dare wi aiitto ai soldati che vanno avanti ? » Non me ne pa:ssava una, ma me le mandava buone lo stesso . .Poi, col tempo, anche lui diventò quasi çli casa, capì magnificamente l'aria che ,tirava, s'affezionò a quella vita, a quegl'incerti. I giorni dopo Caporetto mi confessava per iscritto, lui così saggio ed equili– bra,to, che gli pareva d'essere diventato come pazzo. E la prima volta ché andai a prenderlo alla, sta:àone di Padova, sotto la tettoia piena di ufficiali inglesi e francesi, un moto irresistibile e concorde ci gettò, in mezzo ai binari, l'uno nelle braccia dell'altro. Sottentrata la coscienza dell'atto inconsueto, intesi tutto il valore simbolico di quel bacio e di quell'a,bbraccio. La medesima realtà era finalmente e purtroppo presente al cuore di tutti, e l'Italia era final– mente un solo fronte dal Piave al Tevere al Naviglio .... In una lèttera, del 21 novembre 1917 leggo una frase abbastanza significativa e tutta sua. « Iersera qiii, alla« Scala», grande riunione zwr festeggiare Inglesi e Francesi. Un teatro zeppo carne mai vidi l'uguale, e b!indiere, fiori, inni, discor8i, pareva il fi,nimondo dell'entusiasmo. Gli alleati avevano l'tiria felice di vedersi così festeggiati e ricarnbiava1w alle donne grida e saluti da impensierire ogni biion rnarito. » Il « finimondo dell'entusiasmo i>: frase piena di malcelata amarezza di uno che oramai sapeva troppo bene che conto dover fare degli spet– tacoli e dei discorsi, dei « Numeri unici>> e dei Comitati per l'Assistenza spirituale del solda,to. L'equivoco oratorio e filantropico aveva avuto or.amai la stangata che si meritava. Ma.lcelata amarezza. Ma per quel– l'ultima battuta, chi ha conosciuto « Gian da Brera », lo rivede indi– menticabilmente, dritto fra le poltrone del teatro, nella sua statura, si– gnorile, gira.re per largo e per alto lo sguardo sulle sue belle milanesi entusiasmate, coll'aria di ammonire : Belle signore, giudizio! ANTONIO BALDINI. Biblioteca.Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy