Pègaso - anno I - n. 5 - maggio 1929

614 U. Ojetti - Lettera a Giovanni Papini lière si gloriò tre secoli fa, di questo nome latino; e non si perdono, fuori delle strade dell'intelligenza, .nei meandri della fantasia, dell'in– cosciente e dell'automatismo per sboccare dopo venti pagine finalmente a un aperto sospiro o a un esplicito dubbio. Ammetto elle, da James a, Proust, da Dostoievski a Cécof, anche questo errare nella penombra ha oggi il suo incanto ; solo non credo che esso possa essere un fatto e un metodo dell'intelligenza italiana. Per un esempio rileggiamoci insieme un periodo solo del Boccac– cio in quella ati·oce novella della quarta giornata dove il crudele Tan– credi, ucciso l'amante della figlia, ne manrla, a, lei il cuore in una coppa d'oro. Si ricorda? Ghismonda che s'è fatta preparare un'acqua d'erbe e radici Yelenose, alza il capo, s'asciuga gli occhi e dichiara più altro non restarle « se non di venire con la, mia anima a fare alla tua com– pagnia. l> Poi « si fé dare l'orcioletto nel quaJ.e era Pacqua che il dì avanti avev.a fatta, la quale mise nella coppa ove il cuore era da molte delle sue lagrime lavato, e senza aJcuna, paura postavi la bocca tutta la bevve; e bevutala, con ht coppa in mano se ne salì· sopra il suo letto e, quanto più onestamente seppe, compose il corpo suo sopra quello. e a,l suo cuore accostò quello del morto amante e, senza dire alcuna cosa, aspettava la mòrte. ll Ho io da commentare proprio a lei queste sei o sette righe? Certo un russo, un tedesco, o un francese d'oggi, per dire questo e cercare nelle riposte pieghe della coscienza e dell'istinto i tanti come e perché di quel disperato orrore, occuperebbero non sei ri:i.ghe ma sei pagine, e bastassero. Ma l'arte loro sarebbe da lodare perché intima e analitica, e l'arte del nostro da condannare perché concisa, scolpita e classica così che tutte le parole ti restano negli occhi insieme e nel cuore? Oggi intanto, grazie a, lei, finché dalia tipogr8Jfia mi giungano le bozze da correggere, ecco, io non mi staccherò dal Decamerone, e tra una pagina e l'altra mi distrarrò interrogando con lo sguardo questo cielo bigio e cruccioso. Nemmen lui vuole accorgersi che da tanti giorni è giunta la primavera. UGO OJETTI. BibliotecaGino Bianco

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