Pègaso - anno I - n. 4 - aprile 1929
454 U. Fracchia tristezza la signora Celeste: - Se tu sapessi come non mi assomi– glia! Proprio non c'è niente di comune fra noi. - Sarò cieco! - esclama Marcello. - Non sei cieco, ma lei è bella, lei è giovane .... - Tu sei mille volte più bella e giovane di lei. -- Quando la rivedrai, cambierai pensiero, - dice la signora Celeste. E, liberando da lui la sua mano, si asciuga le lacrime che ancora le tremolano fra le ciglia, all'angolo degli occhi. · Poco dopo egli si sollevò come un assonnato, ma col viso asciutto. La signora Celeste era già in ipiedi, aveva raccolto il suo ombrellino,: e, tornata accanto a lui, aspettava che si rialzasse. Essa vide allora che il viso di quel giovane non era bello come se lo era immaginato– in tutto quel tempo che egli lo aveva tenuto naseosto. Si sentì delusa, come defraudata di qualche cosa che credeva di possedere e che in– vece non era nemmeno mai esistita. Trovò anzi che era un viso vol– gare, e che solo gli occhi aveva di un bel colore grigio e oro, e che la bocca, nella sua impudenza, poteva piacere ad nna donna che non fosse lei. Con tutto ciò gli sorrise con quanta grazia poté e, mentre si incamminavano lentamente verso la casa, si appoggiò anche al suo braccio. - È davvero un meraviglioso frutteto,· - disse a un tratto, sol– levando verso Marcello un viso sorridente e languido: - Ne con– serverò un caro ricordo .... Anche lei, non è vero ? - Oh, io, - disse Marcello, - farò di tutto per dime;nticarlo. - Perché? - chiese la signora Celeste : - Di tutti i momenti che noi potremmo vivere insieme, questi non rimarrebbero sempre i ipiù belli? . - Je m'en fiche pas rnnl) - rispose Marcello. - 1~ ingiusto, - disse con un leggiero accoramento la signora Celeste, - non dovrebbe t1·attarmi così. Non bisogna mai distrug– gere nulla di quello che si è creato, sia pure per errore. Mi voglia bene, invece. Me ne vorrà un poco ? Me lo promette ? Marcello If<m rispose. Il frutteto confinava con il giardino. Di qui, per un portico, si entrava nel cortile. La signora Celeste vide da lontano i muli infioccati di rosso, vide il conte Pepi, vide Stefano, e corse loro incontro, cercando di trascinarsi dietro Marcello per una mano. Ma egli resisteva ed essa lo a'!:)bandonò. - Stefano mio, caro il mio uomo, - esclamò abbracciando il maggiore Iupiter : _:_ Già di ritorno ? Sei stanco ? È stata una bella gita? - Bellissima gita, - rispose il maggior,e Iurpiter con quanto ca– lore ed entusiasmo poté ancora trovare nel suo spirito deluso e affaticato : - E tu Celeste ? BibliotecaGino Bianco
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