Pègaso - anno I - n. 4 - aprile 1929
.! 452 U. Fracchia con un sangue torbido e denso, gli occhi caldi di febbre, la carne piena di fuoco. Rise forte di sé e di lei, e si stupì di vedere che, anche dopo quel riso, le sue ciglia rimanevano chiuse, e che il nodo delle sue mani sul cuore non si scioglieva. Allora guardò altrove e rimase senza pensiero. XXIII. La signora Celeste si staccò dall'albero che la sosteneva, mosse stancamente qualche passo e si lasciò cadere sull'erba [POCO lontano da lui. Era calma, il suo viso aveva ripreso il suo naturale pallore lievemente ambrato, i suoi occhi si posavano sereni, sebbene un po' spenti, su quel corpo di giovane Ercole biondo vestito alla moda inglese e disteso sull'erba. - Ragazzo, - mormorò poi con un sommesso accento di rim - provero mentre sulle sue labbra riappariva quel piccolo [Provocante sorriso che aveva tanto irritato Marcello. Egli le alzò negli occhi uno sguardo lento, cupo, come di bestia malata. - Vile, - disse sordamente: - vile, vile! - Io vile? Io che ho tenuto così bravamente testa alla sua pazzia? - Vi]e, - ripeté Marcello : La signora Celeste atteggiò perfetto candore. I - Ma io cento volte più vile. il suo viso ad un'espressione di - Suvvia, Marcello, - disse con dolcezza : - non ha pensato, veramente, che io [Potrei essere la sua mamma ? - Non ho pensato né a questo né ad altro, - rispose Marcello: - Io non [Pensavo nemmeno che lei fosse una donna. Ho forse una madre io, da rispettare ? Io non ho madre. Penso soltanto che ora, un istante fa, avrei potuto prender lei fra le mie braccia, strin– ger lei fra le mie braccia e che, stupido, non l'ho fatto. - Marcello ! - esclamò la signora Celeste, battendolo sulla spalla con ]a ppnta dell'ombrellino. Egli afferrò l'ombrellino, glielo strap[Pò di mano e lo gettò con furore lontano da sé, fra gli alberi. . - Non avrei potuto abbracciarla? - gridò: - Non si sarebbe lasciata baciare? La signora Celeste non gli ris,pose. Abbassò gli occhi e si mise a giocherellare con i nastri che le scendevano dalla cintura. - Così vi difendete voi donne, - continuò sempre più cupo Mar– cello : - con i sùbiti pallori, chiudendo gli occhi, tremando come foglie, quando è il momento di bruciare. Ma chi accende il fuoco ? Vorrei spaccare la terra e vuotarci tutto il sangue delle mie vene! Egli si buttò con la faccia nell'erba e le sue spalle di macigno BibliotecaGino Bianco
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