Pègaso - anno I - n. 4 - aprile 1929
450 U. Fracchia fece ribollire il sang{ie di Marcello. Egli abbassò gli occhi su quella piccola donna che gli camminava accanto così sicura e così incu– rante di lui, e considerò con uno sguardo di maschio il suo COI'JPO, intorno al quale veli e mussoline formavano una specie di nube. Vide che non era bella, che non era giovane, e che pure c'era in lei qualche cosa di morbido come la luce della sera, come una luce che splendesse in lei di lontano o attraverso una nebbia. La sua bellezza consisteva forse in quello schermo, in quell'ombra che, offuscandola, le impediva di sfolgorare, come invece sfolgorava sul viso e sulla persona della signorina Alessandra. Ne concluse che, avendo molto vissuto, era stanca ; e che, stanca, egli avrebbe po– tuto, volendo, soffocare facilmente con un bacio l'ironia di quel riso sottile e un po' stridulo che usciva dalle sue labbra troppo pal– lide; e non soltanto stringerla, ma sentirsela anche mancare vinta fra le braccia. A questo pensiero tutte le nubi sparirono dal suo spirito. Egli ne rise con uno scroscio insolente, si mise a ballare sopra un piede e si diverti a vedere che uno scatto come quello, insensato, era suf– ficiente per turbarla; che essa aveva subito smesso di ridere e lo guardava con uno stll[)ore che poteva anche essf.re apprensione o paura; e che un niente sarebbe bastato per vederla illljpallidire. C'era una farfalla, più grande e bella delle altre, che le veleggiava in– torno, agitando incerta le sue ali macchiate di nero, come se cer– casse dove posarsi, su quell'enorme e raro fiore vagante per il frut– teto. Aspettò che le sfiorasse una spalla, e poi, gridando : - Si po13a ! La prendo! - stese bruscamente la mano per tprenderla. Con un piccolo grido, la signora Celeste si ritrasse da lui di un passo. - Lasci che si posi, - disse con un lieve tremito nella voce: Vieni, bella farfallina. Posati sulla mia spalla. - Perché si allontana? - le chiese allora iMarcello. ~ E lei perché si avvicina? - chiese la signora Celeste, fissan- dolo negli occhi e continuando a indietreggiare. - Si direbbe che ha paura di me.· - Di lei? E perché dovrei averne paura? - Non si sa mai: sono un uomo. - Gli uomini non mi fanno paura. - Non è come tutte le altre ? - Non sono, no, come tutte le altre. - Nemmeno io sono come gli altri uomini. - E che uomo è lei ? - Sono un uomo col quale le donne non scherzano_ - Io non scherzo. Non si avvicini. - La prendo! - È volata via. ,, BibliotecaGino Bianco
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