Pègaso - anno I - n. 4 - aprile 1929
Ragazzo ben educato 433 Dopo sei giorni, s'accorse di non avere il danaro per pagare il conto all'ostessa. Sul pensiero del ritorno a Torino non riusciva a fermarsi, come se fosse d'un lontano avvenire. Scrisse a suo padre chiedendo danaro per vivere fuori di casa altri quindici giorni, ipen– sando che il prezzo dei quindici giorni all'albergo, calcolato dal padre, era pari a quello d'un mese all'osteria. Ma non si sentì d'aspettare la risposta dov'era, con l'ansia di veder crescere il debito, e di doversi forse dichiarare insolvibile. Decise d'allonta– narsi in gita col poco che gli rimaneva, in attesa che il danaro giun– gesse fermo posta in città. Ritornando dalla gita e ritrovan_do il danaro, sarebbe ritornato: se no l'avrebbe sipedito da Torino, ac– compagnandolo con una lettera di rimpianto. Partì una mattina per Gressoney, di dove iper il Col d'Olen raggiunse il più alto rifugio del Rosa, e stette due giorni a gustare nella sua retina, a occhi chiusi, il bianco soleggiato de! ghiaccio. L,a terza mattina salì alla Dufour, ch'era la cima più prossima, deciso a scendere subito dopo ad Aosta per conoscere la sua sorte. L'incertezza lo lasciava tranquillo, tant'era il senso di stabilità formatosi in lui. Il custode gli prestò due ramponi per le scarpe, che erano chiodate ma non adatte al ghiacciaio. La giornata era cosi tersa, che l'aria faceva da lente, e le cime degli altri gruippi montuosi apparivano chiare e remote, come at– traverso un canocchiale a rovescio. Intorno ad esse, l'aria metteva un alone rosato ; raggiavano sublimi e come sollevate da terra. Ma dove camminava Francesco, un vento fortissimo, una bufera invisibile a cielo sereno, correva sul ghiaccio. Nel primo tratto fu riparato dallo stesso pendio : salitolo, come fu sulla cresta che a scalini conduceva alla cima, fu investito in pieno. Procedeva lentamente, perché ostacolato da un velo di ghiac– cio sul sasso, che il vento induriva a ogni istante, combattendo l'opera del sole già forte. A destra e a sinistra, il monte ipreci– pitava. La cresta fece un'ansa, che da lontano non s'avvertiva, in modo che per continuar la salita bisognava scendere di qualche ·metro. Il Possagno s'afferrò a una pietra, calò il ipiede; ma guar– dandovi per non metterlo in fallo, vide che il rampone, troppo largo per la sua scarpa, s'era staccato, e penzolava trattenuto da un solo giro di corda .. Pensò di raccogliere il rampone prima di fare il passo, perché cosi penzolante non gli facesse sc~v?lare ~l piede o non si distaccasse del tutto; ritrovata una ipos1z10ne si– cura,' l'avrebbe legato più solido. Fletté il busto, e, tenen?osi con la sinistra alla roccia, tentò di raccogliere con la destra 11 tacco; non giungendovi, annaspava nel vuoto; non riuscen?o anco~a,_ce~cò di sollevare il piede verso la mano. Questo movimento 1stmtivo epostò l'equilibrio : scivolò, cadde in fuori. 28. - PeyaSQ, Btblioteca Gino Bianco
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