Pègaso - anno I - n. 4 - aprile 1929

Ragazzo ben educato 425 il primo ipane. Solo che, dovendo vivere di quel cibo, gli parve necessario inghiottirne senza tregua; che mangiarne gli era per– messo dalle sue condizioni economiche, non fu ipiù un pensiero comodo, ma un'idea fissa. Comperava un pane ad ogni paese, e abusava dell'acqua: sembrandogli un dovere, poiché il resto gli era negiato, di godere fino all'estremo di tutto quello che era di facile acquisto. Camminò tutto il giorno, dividendo la ~trada in tappe, e assegnando per iscoipo a ogni tappa una mangiata di pane : ad ogni fontana soffermandosi a bere, fino ad aver l'impressione, tanto i suoi sorsi erano lunghi, d'averla prosciugata e di suc– chiarne a fatica le ultime stille. Ai lati della strada, i prati erano fioriti di pennacchi rosei ed azzurri, e i contadini falciavano. Fran– cesco si divertiva a _vedere, iper ogni falciata, la vibrazione che le erbe cadendo trasmettevano alle vicine, come un preavviso di morte. Ma un'ora dopo il tramonto non poté proseguire: l'acqua, nel suo stomaco sciabordava fino alla gola, non riuscendo ad im– bevere l'impermeabile terracotta del pane. Francesco decise di fermarsi, perché già si vedevano a poca distanza i lumi di Gres– soney; scavalcò il muricciolo e si distese sul mucchio di fieno ipiù prossimo. Supino, andò con gli occhi alle cime di sfondo, che vide sosipese nell'aria, senza vedere insieme la valle: e sussultò, tanto gli parvero diverse di prima. Un mondo, non in relazione col suo,, sommerso nello stellato semipre più nitido, si rivelò senza preav– viso. Gli parve cosi d'essere entrato, d'un passo, in una regione insospettata, che ora appariva, lucida di vento, occhiuta d'astri in riga : che prima gli era rimasta non veduta sul cUjpo,aspettando. Quel cielo di montagna splendeva tanto, che gli pareva calare bruciando: egli era sp1nto a chiudere gli occhi e a ripararli con ambo le mani. Guardò,sui monti l'ombre, gelide sulla neve, im– mense: e quello stesso cilestro gli parve vedere negli astri, adunati in primule attorno alle cime; e quando, impaurito, ritrasse a sé lo sguardo, portò dai monti un'aria gelida, che gli penetrò sotto i panni, lo fece rabbrivioire. Si ravvolse nel fieno, guardò contro terra. Un leggero ronzio, un mal di capo latente, ma che già s'an– nunciava ad ogni ipulsazione alla tempia, lo distrassero dalla paura: e ricordò che il fieno la notte esala fumi nocivi. Si ridi– stese supino, a -0cchi chiusi, cercando di non pensare più a nulla, poiché l'indomani, sano o malato, in qualche modo avrebbe ria– perto gli occhi. Ma quasi a insaputa di lui, il suo pensiero andava cercando motivi per indurlo ad andarsene. - E se domani all'alba, - usci dopo qualche tell[)O da questo lavorio della mente, - ve– nendo a prendere il fieno, mi feriranno con la forca ? - Il dubbio era già maturato da molto, quando Francesco, per dargli efficacia, scattò in piedi come se fosse sorto nella sua mente allora con un B"blioteca Gino BianGo

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