Pègaso - anno I - n. 4 - aprile 1929

Da Péguy a Guéhenno 419 era qualche cosa come calzolaio, a venti allievo della Scuola Nor– male Superiore, poi soldato : rapide esperienze di cultura e di uomini. :È l'avvocato del popolo, contro Renan avvocato degli intellet- ~ tuali; è polJ)olo, si sente pO[)olo, ma non parla per sé, parla per i suoi «fratelli)) (qui si sente Michelet; quanti fratelli lo capireb– bero, lo approverebbero se lo ca«>issero ?). :È un discorso che fa impressione, non per gli argomenti in sé, in fondo vaghi e facili a ribattere, ma per la vita e la fede che ci si sente. Non sono argo– menti migliori di tanti che Péguy adoperò, non sono estasi per il popolo molto più illusorie di quelle che Péguy nutrì (le pagine sull'ultimo operaio, sull'ultimo artigiano francese), ma c'è lo stesso accento di convinzione, lo stesso odor di fPOpolo, lo stesso accani– mento contro quel regno della bellezza e dell'intelligenza, nel quale è penetrato il popolano, e non vorrebbe che fosse soltanto per sé, ma per tutti gli altri pofPolani. Il << tradimento delle umanità>> : in che cosa consiste? L'uomo che ha studiato sarà sempre differente da chi non ha studiato; e il mondo del pensiero avrà sempre un bisogno ofPposto al mondo del lavoro, che consiste nell'ozio e nel– l'attesa della creazione. E l'esercizio dell'intelligenza per sé stessa non è soltanto un tradimento del po[Polo; è forse un tradimento della vita, ed è perciò che l'intellettuale è sempre un po' malvisto, sotto tutti i climi, e da tutti i popoli, anche aristocratici. Perché prendersela con la· borghesia, come fa Guéhenno, come faceva Péguy,? L'intellettuale potrebbe essere detto, sempre, un tradi– tore. La lotta di classe, il proletariato, la rivoluzione qui non ç'entrano affatto. Se non ci darete la coltura, ipare dire Guéhenno, Calibano farà la rivoluzione. Ma Calibano può distruggere la col– tura, ma, ahimé, non può farla che sia adatta alle folle. L'unico modo sarebbe quello di tornare ad una coltura religiosa ; essa, sotto la forma del mito, offrì il modo allo scienziato, al filosofo, all'ar– tista, al carbonaio di eomunicare in UJl mondo comune, del quale ognuno aveva una diversa IJ)enetrazione. Ma appunto questo Gué– henno-Caliban non vuole. Questa mitica conquista del vello d'oro delle umanità da parte del proletariato ci ricorda la prima epoca di Péguy; quella del suo socialismo religioso, del suo dreyfusismo militante, della sua san - tomania, del suo bisogno di trovarsi accanto dei santi, dei santi vivi e non morti, dei santi che risolvessero le questioni del giorno, e non quelli che avevano risolto le questioni di ieri, dei santi che mangiassero alla trattoria e non delle immagini con l'aureola. Ciò che resta di Péguy? Il suo fervore, l'assicura,zione che le cause nobili vanno sostenute con spirito donchisciottesco, senza rinunziare mai, né meno quando si è IJ)er terra, ad affermare che la dama del Toboso è la più bella gentildonna del mondo e non la figlia d'un Biblioteca_G; 10 Bianco

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