Pègaso - anno I - n. 4 - aprile 1929
Questo, sera si recita a soggetto 409 sta è la mia convinzione. Padronissimi di non rispettarla e di se• guitare a iprenderla ingiustamente con lo scrittore, il quale però, concederanno, avrà pur diritto di sorridere delle loro critiche, come loro adesso della mia convinzione, nel caso, s'intende, che le critiche saranno sfavorevoli; perché, nel caso opposto, sarà ingiusto invece lo scrittore iprendendosi le lodi che spettano a me. La mia convinzione è fondata su solide ragioni. L'opera dello scrittore, eccola qua. Mostra il rot,oletto di carta. Che ne fo io ? La prendo a materia della mia creazione scenica e me ne servo, come mi servo della bravura degli attori scelti a rappresentar le parti secondo l'interpretazione che io n'avrò fatta; e degli scenografi a cui ordino di -dipingere o architettare le scene; e degli apparatori che le mettono su; e degli elettricisti che le illu– minano: tutti, secondo gli insegnamenti, i suggerimenti, le indi· cazionì che avrò dato io. In un altro teatro, con altri attori e altre scene, con altre disposizioni e altre luci, m'ammetterete che la creazione scenica sarà, certamente un'altra. . E non vi par dimostrato con questo che ciò che a teatro si giudica non è mai l'oipera dello scrittore (unica nel suo testo) ma questa o quella creazione scenica che se n'è fatta, l'una diversa dal• l'altra :. tante, mentre quella è una ? Per giudicare il testo, biso• gnerebbe conoscerlo; e a teatro non si può, attraverso un'interpre• tazione che, fatta da certi attori, sarà una e, fatta da certi altri. sarà per forza un'altra. L'unica sarebbe, se l'opera potesse rapipre· sentarsi da sé, non più con gli attori, ma coi suoi stessi personaggi _che, per prodigio, assumessero corpo e voce. In tal c·aso sì, diret• tamente ipotrebbe essere giudicata a teatro. Ma è mai possibile un tal prodigio? Nessuno l'ha mai visto finora. E allora, o signori, c'è– quello che con ipiù o meno impegno s'ingegna di compiere og;ni sera, coi suoi attori, il Direttore di scena. L'unico possibile. Per levare a quello ch'io dico ogni aria di paradosso, v'invito a considerare che un'opera d'arte è fissata per sempre in una sua forma immutabile, che rappresenta la liberazione del poeta dal ,3uo travaglio creativo: la iperfetta quiéte raggiunta dopo tutte le agita• 1..i.onidi questo travaglio. Bene. Vi pare, signori, che possa più essere vita dove non si muove più nulla ? dove tutto riposa in una perfetta quiete? La vita deve obbedire a due necessità che, per essere opposte tra loro, non le consentono né di consistere durevol· mente né di muoversi sempre. Se la vita si movesse sempre, :!l.On consisterebbe mai· se consistesse per semipre, non si moverebbe ,più. ' . E la vita bisogna che consista e si -muova. Il poeta s'illude quando
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy