Pègaso - anno I - n. 4 - aprile 1929
386 F. Salata aveva trovato «altra forza a fare la rivoluzione contro le umane ingiu– stir,ie ». Gregorio VII era stato il suo Mazzini . .Anàato a trovare il Papato e l' Ita.lia « nella febbre della loro santa iracondia», aveva dato, prima della Lega Lombarda (1848), il Bonifazio VIII (1846) . .Andato a ricercare l' umana ragione, madre del suo guelfismo, nella più dolorosa delle sue prove, aveva scritto l'Abelardo (1851). E dopo aver esaltato il Papato « perché meglio fulminasse ogni generazione di prepotenti, nel Concilio di Costanza (1853), nello Scisma greco (1856), nella Contessa Matilde (1859) >l, quando finalmente vide, nel biennio fortunoso del '59-',60, «l'Italia in piedi>,, egli, ritenendosi ((straniero all'azione degli uomini perché monaco, non più guelfo né ghibellino, ma italiano e cattolico», si ritrasse (< nel de– serto della contemplazione ll, risalendo nei Prolegomeni alla storia univer– sale della Chiesa ai grandi principi, perché (<l'immobilità del dogma rende i:neno vacillante il riguardo dello storico. » Da quella solitudine doveva trarlo una violenza che la rivoluzione nazionale, da lui seguita con tanta simpatia, non risparmiava a ciò che aveva di più caro. A Napoli, la Luogotenenza del Re, seguendo e supe– rando gli esempi di Garibaldi in Sicilia e di Pepoli nell'Umbria, aveva decretato (17 febbraio '61) la soppressione delle comunità e degli ordini religiosi e la confisca dei loro beni : « decreti giacobini i,, come li chia- · merà un liberale non sospetto, ne' quali il radicalismo del Mancini, con– sigliere per il dicastero degli .Affari ecclesiastici, aveva soverchiato la pru– denza e tolleranza di Costantino Nigra che la fiducia del Cavour aveva inviato, segretario generale di Stato, a fianco del Principe Eugenio di Savoja-Carignano (3 gennaio '61). L'amore al suo monastero poté, nel– l'animo del Tosti, più del suo proposito (< di non mescolarsi con gli uomini e le cose di questo mondo. » Felix culpa, par che esclami, pensando alla Legge Mancini, il nostro monaco, quando il colloquio col Nigra, cercato per salvare dal naufragio Montecassino, è dal fiduciario del Conte di Cavour portato abilmente sul terreno del conflitto sempre più aspro tra la Chiesa e il giovine Regno d' Italia. La commozione suscitata dalle parole, dal sentimento, dalle lacrime del Nigra vince ogni titubanza. Il Padre Tosti accetta di farsi, pure lui, intermediario diretto e patrocinatore autorevole presso Pio IX, che lo ha sempre amato, se anche non sempre compreso, del disegno che il Nigra gli ha esposto, ((inspirato dall'alto senno del Conte di Cavour >l(lettere I e V). Fermiamoci alla cronologia dei nostri documenti. Il colloquio col Nigra precede di soli tre giorni il grande discorso di Cavour alla Camera dei deputati di Torino sulla Quistione Romana. Il viaggio del Tosti a Roma è fissato per il primo aprile. È troppo tardi. Le trattative che da alcuni mesi si svolgevano con Roma a traverso fiduciari, prima segreti e poi palesi, del Capo del Governo italiano, - Diomede Pantaleoni e l'ex– gesuita Padre Passaglia, - avevano, dopo alterne vicende, sofferto nau– fragio proprio due settimane prima ; e ne era stato segno esterno la vio– lenta allocuzione papale nel Concistoro del 18 marzo. Il Papa che aveva personalmente assentito alle trattative ufficiose, come ora finalmente ,PO· trà essere documentato, era stato, per una strana concatenazione di casi BibliotecaGino Bianco
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