Pègaso - anno I - n. 4 - aprile 1929
B. CROCE, Storia della età barocca in Italia 495 u~ che d'arcaico al sapor delle parole (c'è quasi il gusto prosaico e dimesso, ma intimamente ricco, dei canti popolari greci rifatti dal 'l'ommaseo); quella, più viva, più sorridente, più rapida, dove il poeia par si riveda fanciullo, e canti senza mostrarlo l'amor di casa l'amor· di ' ' ' mamma, anzi di nonna, e il fiabesco solleva in un'aura di sogno quei "' sei versi soli: Questo è ,Severino. E voleva essere forse' più. Aveva egli veramente un'aspirazione d'un più largo volo. Ma né le parole, gracili, né i ritmi, brevi, e neppure il sentimento, sincerissimo, bastavano a un alto canto, fosse pure solo di malin~onico ricordo. Era partito da troppo vicino, aveva guardato con occlno troppo idillico le cose (e poche cose), per potere improvvi– samente salire tanto. Aneli.e dove si abbandona alle memorie del tempo passato, e non si, può dire che gli ma,nchl l'estro, ,'meglio, la ragione dell'estro, egli finisce per scomporre sempre il canto in frammenti musicalmente certo legati, non però intimamènte. Fuor del tono evo-. cativo, esclamativo, non sa. uscire. E allora bisognerà riconoscere che la più bella poesia di questo Severino maggiore la scrisse il Carducci: « O Severino, de' tuoi canti il nido .... ». Qui tutto è più pieno, più grande, sebbene tutto/delicato, perché nasee da una umanità, più com– plessa, e trova le pa:tole da l!Jen più lontano, e da un gusto non con– sumatosi nel piccolo, 11.elminuzioso, e negli idoleggiamenti formali pur tanto accorti. Un male? È quello che è. Ma c'era in lui qualcosa del poeta parnassiano e del poeta commosso, che non fu poi né l'una cosa né l'altra, in senso vero. Perché la letteratura non gli si arricchì e filtrò a traverso né studi né rarità di mente, e la poesia subito si ripiegò per mancanza d'alimento. E noi del parnassiano non potremo che ri– cordare pochi versi (come il quasi dantesco « Fra gli azzurri diafani e tranquilli>>, o: « La luna cala e gli ultimi distende Gemmei candori a laghi a fiumi a fonti», e questo ritmo accennante: « .fino al dì chiaro Che la luna si annega nel bel lume Roseo diffuso d'oriente», e altro), pochi versi dico, non una strofa; del poeta, se mai, alcune strofe sole, o 'poesie di akune strofe, non di proporzioni più vaste, e le abbiamo ad una ad una indicate-. GIUSEJPPE DE ROBERTIS. BENEDETTO ORocID, Storia della età barocca in Italia. Pensiero - Poesia e letteratura - Vita 1norale. - Laterza, Bari, 1929. L. 35. \ Il titolo del più recente libro del Croce farà credere a bella prima a più d'uno che si tratti di una storia dell'arte italiana nel Seicento. Ma in verità esso titolo dice: « età» ba,rocca 1 e non « arte» barocca; e il sottotitolo chiarisce definitivamente, trattarsi qui della produzione letterariria del Seicento italiano. Certo, se acca.nto a, questa, le arti figu– rative e la stessa musica avessero preso nel libro del Croce un posto proporzionato, invece dei semplici riferimenti qua e là, il libro avrebbe potuto apparir più completo. Del non avere ampliato l'opera così, il Croce adduce due ragioni: « la· qualità della' mia preparazione», e il fatto dei molti lavori odierni, italiani e stranieri, molti e di valore, in- torno all'arte barocca. ~ ' '
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy