Pègaso - anno I - n. 4 - aprile 1929
494 S. FERRARI, I versi e il Mago agli cc Antichi metri», e con una professione di fede, esemplare, di questa devozione : nella quale non dice di rihonoscere alla fine che tre padri, il Petrarca, il Poliziano, il popolo italiano antico. Del Petrarca, certo ·solo quello dei madrigali, ché, se no, sarebbe troppo poco nominar di lui l'c< aurea politezza», e null'altro; del Poliziano, i cc nuovi modi adorni», cioè delle ballate, con quell'adornezza appunto, meno di greco e di latino, come nelle Stanze, e più di linguaggio nostro, schiettissimo, passato a traverso il suo molto greco e latino; del popolo in fine, la cc freschezza», atta a far gentile ogni cosa. Ancora una volta dunque è vero che un poeta vede meglio dei suoi critici nel cuore dell'arte sua; e ad ognuno può esser dato, entro questi soli tre termini, di ricono– scere l'aura del suo breve respiro poetico, e< adorno», e< fresco», « po– lito». Il sentimento che muove questa poesia è dei più labili: un de– siderio, anzi un sospiro lirico: ma vive nelle rime, e dalla musica delle rime corre al verso e lo dora. A volte non par altro che un minuto contrappunto di suoni, con una festosità ilare che quasi basta a, sé, e finisce in sé: che se intoni le parole con la voce commossa per poco non senti la musica affiorare dai diversi timbri combinati, come se fosse d'un madrigalista minore antico. Non poteva nascere di qui, e _non è nata infatti, una poesia vasta: noi l'abbiamo già riconosciuta nelle composizioni anche materialmente più corte (saluti, quasi sem– pre, e cc eontr:'l,sti » di gusto popolaresco, e quadretti, e improvvisa– zioni su temi obbligati): ma che importa? Dove è bello, tutto è bello, e cantante, e armonioso: e quei trapassi di tono, e quella discontinuità già avvertita, propria della poesia popolare, non è artificiosa qui, ma aggiunge novità, e non ha neppure il tempo di stancare. Non si ca– pirebbe, se no, come da un'ispirazione, che è povera persino nella mate– ria verbale, potesse nascere qualcosa che dura e durerà, 1:1,l confronto di pochi poeti antologici del trecento, oltre quel Petrarca e quel Sacchetti che s'è accennato, Niccolò Solda.nieri e A.lesso Donati, per esempio. Da quella« doratura» che si trova nei momenti migliori, son derivate anche propagazioni forse troppo facili, e freddi sviluppi (quante volte, in poche C!,')ntinaia di versi, fiore fiorisce, biondo oro, giglio rosa, pallido luna, viola sera, e c'è pei,:fino un « :Biondo vespro su 'l giglio della valle ».... ) : ma in quelle pochissime cose sue belle piace pur questo : una tenerezza gentile, un dipingere con la memoria, direi con la me– moria dei vent'anni, immalinconita, e un cantar caldo, se non a piena gola, come nelle brevi canzoni ùi popolo. (Anche nel Mago, satira let– teraria che non tocca quasi mai il segno, così poco espressa, del resto, fantasticamente, e oscura di allusioni e sottintesi, i punti vivi son da riferirsi alla stessa ispirazione, e paiono, come nella Polemica del Qa ira, aperte :finestre sulla natura o sul campo dei ricordi, dalla grigia stanza infastidita di libri, e più di crucci). Fuori dei metri classici consacrati a questa modesta poesia,, due sole altre volte gli riusci di esprimersi coll'accento suo proprio, in due canzoni di strofette alessandrine : « La nonna fila e dice ecc. » e « In riva in riva al mare ecc.»: questa., veramente, che par la traduzione da altra lingua, per una certa patina letteraria quasi sorda che dà BibliotecaGino Bianco
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