Pègaso - anno I - n. 4 - aprile 1929
Studi Pascoliani 491 I Valli. In esso sono raccolti' e chiaramente esposti gli elementi neces– sari alla intelligenza del pòemetto Gog e Magog, ,« cosi pieno di rife– rimenti e leggende lontane, cosi rioco di sottintesi, cosi sintetico e denso che non tutti giungono a comprenderne prontamente il s:igni,fi– cato e quindi la bellezza» ; si accenna alle due redazioni del canto, si chiarisce la metrica e infine si ristampa, accompagnandolo con un vero e proprio commento. Chi vuol intenderlo, d'oggi innanzi ha con poca sua fatica quanto gli occorre. Di lavori di simil genere, che, all'appa– renza modesti, richiedono invece ricerche lunghe e pazienti, intelli-_ genza agile e buon gusto, ci auguiriamo che i futuri Studi Pascoliani ci facciano spesso dono. · · H medesimo vorremmo dire delle memorie intorno al poeta e alla sorella Maria, scritte dall'illustre professore della, Università di Siena, Cesare Biondi. Ma pochi hanno avuto il conforto di goder, come lui, dell'intimità della piccola famiglia del P. e men che pochi sono in con– dizione di descriverla con la schiettezza e l'affetto, da lui messi nelle pagine che intitola Fratello e Sorella. Senza parere esse sono squi– sitamente biografiche, perché assai meglio di lunghi discorsi ci pon– gono in comunione con lo spirito di lui, ce ne rivelano la innata, bontà, ci fanno capire come lavorava, intanto che ci forniscono date, fatti, notizie, riferimenti e osservazioni sempre giuste e importanti. Se dai versi del poeta sapevamo già che Mariù era stata la ispiratrice di alcuni de i canti suoi più grandi, come Il sogno della vergine, Digitale purpur.ea , Maria e altri; ora lo sappiamo meglio, anzi, vediamo le due creature lavorare, soffrire, pensare e sognare insieme. Non mai col– laborazione è stata più semplice. e naturale di quella che Mariù ha data aL fratello; ma nemmeno più effettiva. Il Biondi ha ben meritato di avercela descritta cosi al vivo. L'articolo che segue, La ninnananna di Thallusa, appartiene al conoscitore più profondo, forse, della poesia latina, del Pascoli, ad Adolfo Gandiglio. Rifacendosi dal Pistelli, il quale, preso alla bel– lezza di essa, l'aveva subito proclamata « maravigliosa e intraduci– bile», osserva giustamente che intraducibile è ogni poesia, anzi ogni pagina di artista vero. Ma il guaio più serio, egli soggiunge, si è che quella ninnananna non è stata capita dai critici. E passa a provarlo, discutendo la interpr~tazione dell'ultima strofe proposta da alcuni. Ha perfettamente ragione. Thallusa ripete, senza mutarne una sillaba, la cantilena, con cui un tempo addormentava il figliuolo che le è stato strappato dal seno, -essendo al tutto ignara della sorte crudele che si appresta a colpirla la seconda volta. Lo dice esplicitamente il poeta e sarebbe tempo perso l'affaticarsi in ricostruzioni che non reggono. Uiò non ostante temo che il Gandiglio sia andato più in là \del senso letterale. Ohe nelle parole : noli tuam perisse putare matrem si possa leggere il conforto a sperare di rivede_r la ~amm_a nel mondo di là! l'esortazione a credere cioè che quel giorno rn cm, come accadeva a1 figli degli schiavi, sarebbe stato tolto all3: maru.:e, no:1 era p_oi!'~!timo che si vedessero, perché si sarebbero ·riveduti e nconoscmti m un mondo migliore, mi par difficile ammetterlo. Con quelle che seguono BibliotecaGmo Bianco
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