Pègaso - anno I - n. 4 - aprile 1929

490 Studi Pascoliani è proprio esso la fonte prima della ispirazione pascoliana. Una strofetta: Quando sfiorian gli anemoni Ella è partita run giorno, E a noi non fe' ritorno Col ritornante fior, il poeta soleva ripeterla anche negli anni m aturi. Vien subito dopo uno studio, sul qua.le amerei si fermasse l'at– tenzione dei critici : s'intitola Il senti mento della Greoia in Giovanni Pasooli. Secondo il Giuliano, che ne è l'autore, « l'idea centrale che co– stituisce il nucleo originario da cui si forma il mito della poesia» del P. consisterebbe in ciò che « l'essenza della realtà è per lui l'ombra di un mistero infinito, che trascende ed avvolge tutte le cose, cbe in– combe sulla nostra anima e sulle cose, come un divino mondo oscuro di cui possiamo predicare una sola parola: il nulla. Ma proprio nell'atto in cui il poeta afferma che c' è al di sopra di noi il mistero di un mondo che è il nulla, egli afferma, implicitamente che il nulla di quel mondo -è qualche cosa, ha una sua sostanza, inafferrabile e indeter– minata, nascosta nella sua stessa tenebra al nostro pensiero.·» E certo sarà come all'egregio filosofo piace; ma il suo è un linguaggio che non mi riesce al tutto chiaro, quantunque le conclusioni che ricava da co– desta premessa siano, al contrario, indiscutibili. Il Pascoli è senza dub– bio qnel cristiano senza fede ch'egli dice, e il mistero e la morte sono i soggetti più costanti delle sue riflessioni; né si può d'altra parte ne– gare che quel mistero, ne' suoi canti più belli e più suoi, sia li per lì pen rivelarsi e che dalla morte debba da un momento all'altro scaturire, non sapresti dir come, la vita. Il P. non crede in Dio e nella immor– talità; ma nello stesso tempo è un cercatore infaticabile e appassionato dell'uno e dell'altra, e ti fa sentire che senza di essi la nostra esistenza non ha valore, noi non siamo nulla. A furia di contemplare era gim;ito al momento in cui « pare che pregusti già fra lfc- lagrime confortatrici la gioia della resurrezione dell'anima rid un'affermazione di fede.» Si spiega cosi per qual ragione il P. abbia sentito molto più la Roma pacifica che la Roma guerriera, e i suoi poemi latini più belli gli siano stati ispirati da Orazio e Virgilio, nei quali si avverte come una inconsapevole aspirazione alla rivelazione cristiana, e dall'età in cui la religione antica va morendo per dar luogo alla nuova. •Similmente riguardo alla Grecia. « Il poeta del mistero imminente sulla nostrn luce JJ non poteva non cogliere mirabilmente « il carattere di melanconia crepuscolare che c'è nel pensiero greco e nella sua interpretazione della vita, JJ e non celèbrare, cosi in Achille come in Socrate, quella saggezza buona « che accetta il destino e fa. del male un bene, che dalla soffe– renza propria ricava un conforto per altri, che infine nella- peno111Lra ddl'al di là riflette la luce· del suo mondo ideale. JJ Salve l'oscurità ,li qualche, formula filosofica non accessibile a tutti, il Giuliano mi sem– bra abbia ottimamente additato quello ch'è stato il tormento del– l'anima del P. e anche la fonte principale della sua ispirazione. Lo studio che segue, di natura affatto diversa, lo dobbiamo a-l BibliotecaGino Bianco

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