Pègaso - anno I - n. 4 - aprile 1929
Stiidi Pascoliani 489 d~i trecentismi dell' Ac~i non ha nulla a che fare con la divina armonia d1 Platone. Per esempio, _una delle frasi che ho già citate nella tradu– zione del Valgimigli ,è tradotta dal\' Acri : « Lo interrogò se alcuno fosse più sapiente di me. Rispose la Pizia: Niuno essere più sapiente. » Il Valgimigli traduce quasi con le stesse parole; ma qualche particella che nell'Acri manca e il diverso giro della frase fanno sentir subito che soltanto la sua traduzione è «platonica», e quella dell'Acri no. E qualche volta la traduzione dell'Acri io oserei dire che è brutta: come in questa frase : « Via, essendo accusatori" essi, la lor querela giu– rata conviene che la legga. » O come qui: « Ma forse, da subita ira presi come sonnecchianti desti per forza, tirando calci, dando retta ad Anito, uccidereste leggermente. ,, Qualche volta, anche, l'italiano non può esser chiaro perché il g:i;eco è frainteso. •«E vidi che tale passione tocca i poeti ,, non può esser chi::i,ro; il greco voleva dire : « E vidi che questo capita ai poeti. J> E che cosa significa: « Vi dirò cose giudiziali; dolo– rose, ma vere» ? Ma leggiamo il testo greco, oppure la traduzione del Valgimigli: « E vi 1 parler9 un po' grossolanamente, come certuni che praticano i tribunali, ma con verità. ,, E infine, quando l'Acri fa dire a Socrate: '« Dissero che a voi bene conveniva guardarsi non foste tratti da me in inganno, peroiò che sono terribile dicitore >l, il lettore resta imbarazzato. Perché non sa se quel « terribile i, sia un'eleganza trecen– tesca, coine potrebbe essere, o non piuttosto un fraintendimento del testò greco: per l'appunto in greco, una stessa parola, significa « ter– ribile», ma anche « valente, abile», e soltanto a questo secondo senso pensa Socrate. S' intende che le mie osservazioni non vogliono toglier nulla alla traduzione dell'Acri, di cui nessuno può disconoscere ìl valore artistico; mirano soltanto a metterne in rilievo alcune oscurità, alcuJ!_i difetti, e soprattutto lo stile cosi lontano da quello di Platone. I suoi pregi inne– gabili non impediranno ch'essa sia sostituita utilmente dalla traduzione del Valgimigli. Platone deve avere la sua traduzione moderna; e un uomo moderno nel senso migliore /iella parola è il Valgimigli, benché insegni (o forse appunto perché insegna) letterature antiche in un'Uni– versità del Regno. GENNARO PERROTI'A. , Studi Pascoliani, a cura della Società Italiana Giovanni Pascoli. Zanichelli, Bologna, pp.' 70. L. 10. 11 bel volumetto si apre con una poesia inedita del Pascoli, scritta quand'egli era ancora studente all'Università di Bologna, e quindi delle sue primissime. S'intitola, grecamente epicedio, ossia canto fu– nebre. Come si r,ileva dalla breve epistola metrica, con cui l'accom– pagna all'amico Raffaello Marcovigi che giiel'aveva chiesta, il poeta non ne doveva essere troppo contento. Mentre scriveva, <lal cielo cadevano « lagrime invernali ,, ; e « i versi amano il sole. ii Pure mostra già come in germe,· alcuni dei caratteri della sua arte. E non è fuor di luogo notare che l'argomento, ima spècie di meditazione sulla morte, I BibliotecaGino Bianco
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