Pègaso - anno I - n. 4 - aprile 1929
488 PLATONE, Apologia di Socrate Poco importa che tanto acume e tanta ,finezza non riescano a con– vincere in qualche caso. Il Valgimigli non trova vera differenza tra l'Apologia e il Fedone quanto alla fede nell'immortalità. La differenza, egli dice, è di accento, non di sostanza; dovuta al momento diverso, non a un diverso pensiero. Ma qui non riesce a convincere: perché nel Fe– done non c'è solo il complemento in forma positiva di ciò ch'è adom– brato in forma negativa nell'Apologia; la stessa concezione dell'oltre– tomba è veramente diversa. Io non dirò come quelli che il Valgimigli combatte: Il dubbio dell'Apologia è di Socrate, la certezza del Fedone è di Platone. Sarebbe semplicismo; e il Valgimigli avrebbe ragione di sorriderne. Noi abbiamo davanti a noi sempre lo stesso Platone; e sol– tanto conosciamo un Socrate secondo Platone. Ma Platone appunto potrebbe avei' tratteggiato nell'Apologia, cioè in un'opera che vuol es– sere il riflesso d'un discorso effettivamente pronunziato, un'immagine di ,Socrate, nel suo complesso, meno platonica e più socratica. Se la dottrina delle idee non è di ,Socrate (e certo ha torto il Burnet di pen– sare il contrario), non doveva Platone sentire un certo scrupolo ad at– tribuJrgliela proprio nell'Apologia? La traduzione è chiara e lucida e fedele; è condotta con diligenza grande, pari al senso d'arte che continuamente la ispira. Il lettore s'accorge subito che il traduttore ha letto il suo Platone « con cuore semplice», com'egli stesso invita gli altri a leggerlo; che cioè ne ha sentita la divina poesia. E s' intende che la sua filologia lo mette in grado di penetrare, e perciò di saper rendere traducendo, le infinite sfumature e le infinite ,finezze del testo greco. Ma soprattutto « plato– nica>> è, in questa versione, l'andatura del periodo: complesso e non complicato; mosso e non brusco ; armonioso e non senza sprezzature. E presto il lettore s'accorge d'aver dinanzi non soltanto un traduttore, ma uno scrittore. ' Basterà soltanto eh' io dia qualche esempio di massima efficacia raggiunta con la massima semplicità. A p. 57 : « Perché di accusatori ce n' è stati parecchi davanti a noi, e già da molti e molti anni, e senza mai dire niente di vero.» A p. 65: « Domandò se c'era nessuno più sapiente di me. E la Pizia rispose che più sapiente di me non c'era nessuno. » A pag. 66 : cc Ebbene, questo brav'uomo mi parve, si, che avesse l'aria, agli occhi di altri molti e particolarmente di sé medesimo, di essere sapiente, ma in realtà non fosse; e all9ra•mi provai a farglielo capire, che credeva essere sapiente, ma non era.» E a p. 114: << ,Se così farete, io avrò avuto da voi quel ch'era giusto che avessi': io e i miei figliuoli.» O questo stile è •«platonico», o io non ho mai capito nulla dello stile di Platone. . · Una traduzione moderna come quella del Valgimigli di tutto il corpus platonico è indispensabile. Nessuno apprezza più di me la ver– sione dell'Acri, e m'associo quasi interamente al bell'elogio che Augusto Guzzo ne ha fatto; ma io dubito assai che le giuste inflessioni e le giu– ste pause nella lettura bastino, come sostiene l'amico Guzzo, a farne sparire le asprezze e le oscurità. Io non ho nulla da rimproverare alla prosa trecentesca che amo e ammiro; soltanto obietto che la crudezza BibliotecaGino Bianco
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