Pègaso - anno I - n. 4 - aprile 1929

PLATONE, Apologia di Socrate 487 dèi della, patria, d'introdurre nuove divinità, di corrompere i giovani. Ma quale fu la vera accusa, quella che dové determinare prima la de– nunziài, poi la condanna? Nen s:rpuò non dar ragione al Valgimigli che risponde senza, esitazione·: la terza. Le prime due accuse d'empietà erano soltanto un pretesto: assai più che la « corruzione religiosa,», preoccu– pava, deWinsegnamento di ,Socrate, la « corruzione politica>>. Forse il Valgimigli mette troppo l'accento sul carattere propriamente politico dell'accusa, sulle responsabilità che si facevano risalire a, Socrate delle 1 colpe di Crizia e di Alcibiade, sulla testimonianza di Eschine (ma Eschine esagerava, cioè faceva l'oratore) che diceva agli Ateniesi: « Voi uccideste .Socrate perché maestro di Crizia,. >> In realtà, la ragione prin– cipale che dové determinare la denunzia e la condanna fu l'insegna- , mento ai giovani, ma perchè distoglierli dai commerci, dalle industrie, dalle occupazioni quotidiane, per farli discutere tutto il giorno del giusto e dell'ingiusto, dell'onesto e del turpe, dové sembrare a tutti gli Ateniesi, e perciò anche alla mite democrazia che governava nel 399, il più pericoloso e dannoso dei traviamenti. Ma bisogna, 'vedere (pag. 24) con quanta vivacità e arte e chiarezza l'interprete illumina, e colorisce questi motivi, che a me paiono anche più importanti di quelli politici! Al Valgimigli accade spesso di scrivere una bella pagina, ma questa è _ una delle sue più belle. , Le lunghe e uggiose logomachie sul .Socrate storico e sul Socrate platonico sono messe da parte; e pienamente accettabile è· il risultato : « La discriminazione di elementi reali da elementi fantastici, dico più o meno reali, e più o meno fantastici, non è possibile sempre ed è sempre difficilissima e pericolosissima; e anche oso dubitare quanto possa es– serne, in molti casi, profittevole la fatica. » Ma questo non impedisce affatto all'interprete di far intravvedere in che ,modo Platone obbedisca, alle necessità artistiche, alle esigenze del suo spirito creativo. Per esem- 1 pio, il responso che l'oracolo di Delfo aveva dato intorno a, Socrate non ebbe certo nella vita del filosofo quell'importanza che appare dall' Apo– logia. Platone, soltanto Platone, fa dell'oracòlo il motivo centrale che ispira, e consacra, l'insegnamento di Socrate, trasformandolo in una, divina missione. E, molto acutamente ·osserva il Valgimigli, gli stessi particolari realistici che troviamo in Platone non stanno li a, documen– tare il riflesso di realtà esterne, ma nascono dalla coerenza, artistica della rappresentazione. Fedone, nel dialogo che da lui prende il nome, quando enumera i di,scepoli che erano presenti nel carcere alla morte di Socrate, dice a u:h certo punto : Platone, credo, era ammalato. II" Valgimigli conclude: « Platone dimentica, che egli .stesso narra-e scrive. Non dimentica; bensì ,è immerso nel personaggio della sua finzione. E cosi nell'Apologia Platone e Socrate non sono due persone ma una; dentro la, fantasia di Platone Socrate opera e parla.» Tutto questo è ben pensato e ottimamente detto. E così non si potrebbe caratterizzare meglio l'Apologia che con le parole del Valgi– migli : essa è veramente non soltanto la difesa, di ,Socrate, ma la, difesa, della difesa di •Socrate; l'apologia non soltanto nel processo e prima della morte, ma anche fuori del processo e dopo la morte. 81bltotecaGino Bianco I

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