Pègaso - anno I - n. 4 - aprile 1929

Amedeo Morandotti J85 I Ormai poteva prender di petto una del1e più pericolose fo.ran e della vecchia iretOO'ioa,l'apootir-Od'e,chiamare a tu per tu n ,ienteme.no che la; Germania, e cavarsela, come av,ete visto, con çlisinvolt ura. , Eppm:e ool~o che gli fu:rooo vticini negli ultimi anllJi.a Berlino di– oon.o che ,mai oessò quella diuturna fatica di fa:-ugar,etra i mille fatti che la e.ronaca gli -0:ffriva, di cercare l'essenzi ale, di p esa,re le pmrole, di coo ti~oJ.lare a nche le ,virg,ole e i punti, che ip &tantian.ni 1o aveva piegato sul tav-0li.nq . Se 008:i è, ,vuol d:i:r,eche i risulta /ÌlÌ sono anche più chia,ri: pe, rchè nulla ormai più ail)pariva nelle sue pagine di quella minuta f~ tka, di quello sforw alla concentrazione o all'ellissi, di oui in aJtri tempi qualche segno qua e là si poteva sos,pettare. Era or:mai il v,oochio sogno, da, poeta, che si avverava: di potei- daire alliCheal1e cose pd.ù semplici o alle più eoon;plicaite una 1uoe di 1eggeTezza incantata ,e insieme dti ve'l"ità p;r-0fonda. Mi dispi,ac,e di noo aver trovat<} nei due libri u,n'im:piressione di neve a BeT1in-0, che altra volta a,vevo ritagliata dal Corriere. Ma le,ggete almeno lil capitolo sul Mare d,el N 011d. « Bellissimo è, le notti di bassa ma.rea., oercar,e il mare che si è allo,ntamato e pare inesistente .... ecc.ooc. ». È uno ,degli ultimi. Qualche tempo dopo, mentre lav,orava alla sc:r::iivania, un colpo a,poplettico f,e.rmò quella legg·ereflìza ,di :rhano che tainta fatica era oostarta, e lo appesaa1ti sur um,a,poltrona. , Lo portarono in Ltalia, ,paralitico: Moran.dottli usava spesso lamen– tail'si di esser rimasto tDoppo lontano dall'Italia, e in ,quegli ultimi tempi, malato, Se ne doleva anche di pliù. Ma il lamento era glià una prova che ,straniato non s'era. E se non ci fosse altro, bllJSterebbe a dimostrarlo la sua, cultura, che, nonostanrte i lunghi èontatti che ebbe oon civiltà 1eletterature ,straniere, fu tutta iitaliana, anzi classica. Le ci– tazioni che Ticol'II'ono ;nei suoi soritti (e come accortamente le intil',o,duoosse e quali ,effethl anche maliziosi ne ricavasse, sa;rebbe da v,eder,e)sono tutite dal Manzoni, ,dall' Ariosfo, da Dante, dal Cairdu,c,ci. P,oco o nulla dai tedeschi,, che pure OO:IL0tbbe, se togli qualche ,sp:iriteJlo ,da Heine. Ma c'è ben al,tro. Italiana, anzi lombarda, era queJl'ascesa faticosa, ohe d'ogni di:ffico1tà ,Sii fece gradiho per ,salitre più ,olitire; tutto d.taliano &a qu,ell'equilibrio e ,qru,ellabona;ria, malizia, per la ,qua1e se ,non si è fatto il nome che tutti avete capito, ,è stato perchè, per Mo'1'aThdottilom– ·bai,do e dOi])oqua,n,to s'è detto,.ricorrere a ,quel lll0.mesareibbe stato troppo faci1e. Ma cm noo nr fosse ancora oonvinto e volesse sapere quanto quel raggiunto ,equilibrio avesse non solo ,datò fondamento all'artista, ma fosse •penetil'ato nell'intimo dell'uomo, legga le ,paTole che ,iJ Morandotti, pochi mesi avanti la mOll'!OO, SCJ:'isseper il (Primo bambino ,d,i sua figlia mruritata in Germania a un tedesco, e che Giulio Caprin iriferisce nella prefazione agli Scritti. È oome un testamento. « Dio ben,edica il figlio di :mi,a, figlia. Sia buono senza esser debole, ,sia intellig,ente Beilfliaessere · un intellettuale, sia soprattutto saJJ.O: sia insomma felice. E auguro anche che gli stu,di o i casd. della vita gli permettano di rioordare qualche Nolta che suo nop.no fu ita1iano ». · BONAVENTURA TECCHI. BibliotecaGiao Bianco \ ' I

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