Pègaso - anno I - n. 4 - aprile 1929

480 P. Pancra-zi bea, ci si annega, dentro come una mosca nel latte. Esercizio malinconico. La lettura di tutto un libro di facezie può ùa,r persino la, tetraggine. Gli uomini troppo spiritosi finiscono fàcilmente in fama di jettatori. Ma. .l!'erdinando Martini trattò la facezia, la, bottata, l'aneddoto, come punte della sua logica,, come argomenti del suo discorso. L'aneddoto gli serviva. a volte per dimostrare, più spesso per concludere. Era un modo di dir breve, di tagliar corto. Uome calzanti e risolventi gli aneddoti del Mar– tini ! Può darsi che'negli ultimi scritti il suo rigore si allentasse un po' e talvolta, la, sua, aneddotica, appa-risse disarmata, di logica, diventasse lo– quace. Alcune delle ultime pagine certo risentono gli anni. Ma ai bei tempi, le facezie, gli aneddoti, le bolttate erano i cantoni, dove egli ri– duceva, faccia, a faccia col ridicolo, i suoi contradittori. Quante volte un motto gli risparmiò un discorso. - Voi siete un mangiapreti! - qual– cuno lo rimproverò alla camera. - Non lo sono: è un cibo poco grade– vole - gli rispose il ministro Martini. L'uso facile e felice dell'aneddoto dovette aumentare la sua fama di scettico. L'aueddoto è la riprova em– pirica, è l'evidenza, quando non è lo spillo che sgonfia in tempo il pallon– cino. Uhe scettico fu il l\fartini ? Se gli mancò la, passione dominante, la fede unica, egli conobbe pure odi e amori, e come vivi! Agli uomini e alle irlee che amò mautenne contro il temp() o contro tutto fedeltà antica. Nei più, lo scetticismo è sguaiatezza, è ostentazione, è il fiore all'oc– chiello. Nel Martini fu soltanto una grazia, un sorriso ùel suo buon senso. Il vero scettico neppure sa di esserlo. Una volta che il Rosa.di aveYa,scritto uon so dove « la fresca e scettica vecchieJza » ùel Martini, lo sentii commentare : - Il Hosadi, anche lui! Ma perché scettico ? Vi– vendo, io mi sono fatto una filosofia e la mia filosofia mi proibisce di dare alle cose più importanza di quanta, ne abbiano. Ecco tutto. Non si pui\ essere più amabilmente scettici di cosL Qualche saggio, qualche buono scritto sul Martini? Ne scelgo due: l'uno di un critico giovane, Gino Sa.viotti; l'a,ltro di un savio che gio– vane non è più, il senatore Chiappelli. Ma, il .Saviotti è severo e vuol ùimostra.re che il Martini, meritate o no, ebbe tutte le fortune, in vita e persino in punto di morte. « E in che momento chiude gli occhi alla, luce? Proprio nel momento più favorevole: cioè più adatto _non solo a. seltivare il pericolo di valutazioni severe o semplicemente fredde tlei commemoratori, ma a ottenere i loro più fervidi e sinceri elogi: ql.lando i letterati italiani sono tutti infatuati a ricercare le grazie dello stile, e tendono a rimettere in uso un linguaggio paesano di sapore toscaneg– giall(te. » Proprio cosi. Be', il .Saviotti può esser sicuro che, fosse stato in lui, il Martini avrebbe aspettato volentieri un « momento l> anche meno «favorevole». 11 senatore Chiappelli, da quel savio che è, dice molte cose· giuste sul Martini; questa per esempio, che il « suo ingegno equilibrato ed ar– monioso più si sarebbe avvicinato al gran lombardo che al gran marem– mano .... l> Altre ne dice men giuste, come quando accusa « gravi lacune della cultura del Martini. » E che cosa intende di dire ? Letterature classiche e moderne, a;rte, storia. il Martini aveva assimilato, era padrone / BibliotecaGino Bianco

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