Pègaso - anno I - n. 4 - aprile 1929
I. V La SteUa del Nord 471 che non facevano né male né bene, e così navigammo tutto il giorno ../ con il vento in [)Oppa. Cala la sera e che cos'è che cosa non è I I'" ' ' ' ' vedo il capitano mettersi le mani nei capelli, e gridare : « Per Nostra Signora, abbiaimo perduto il timone. >>Ah! Ah! proprio così : ab– biamo perduto il timone .... - Che cosa aveyate l{)erduto? - domandò Alessandra, spalan– cando gli occhi, come era solita fare a questo punto. - Il timone, ti dico, il timone ! - esclamò tutto contento il vecchietto, agitandosi sulla poltrona. - Allora venne il nostromo, un gigante alto due metri con una barba da satanasso, e disse: « Di che vi disperate, don Pedro ? Si fa un altro timone. >> « E con .., che lo fai un altro timone ? >>gli chiede don Pedro. « Si fa, si f::i,,>> risponde il nostromo. E lì si mettono tutti a schiodare un [)ezzo del ponte e con quel legno a fabbricare in fretta e furia un timone. Chi segava, chi inchiodava 1 chi mescolava il catrame, sembravano tanti diavoli nella bolgia. Finalmente hanno finito il timone e lo mettono a po~to. Il mare intanto si fa grosso e all'alba siamo in piena bur– rasca. « Si balla, si balla ! >> diceva don Pedro Baldoria, guardando il cielo che era nero come il carbone. « Tra poco si balla!>> Le onde erano già più alte di una oosa, capisci, e lui diceva « tra poco si balla!>> Ah! Ah! E intanto, ad ogni ondata, mezza ne l{)recipitava giù nella stiYa, da quel buco che avevano fatto sul ponte. ,A un tratto, che cos'è che cosa non è, vedo don Pedro, don Pedro Bal– doria .... Ma non poté continuare perché fu annunciato Marcello. Questi entrò scivolando leggermente sull'impiantito, baciò la punta delle dita alla signora Celeste, s' inchinò ad Alessandra, accolse con una risata la presentazione di Benedetto divertendosi a dargli una stretta che lo lasciò per un pezzo con la mano addolorata, e tutti, salvo il nonno, uscirono sotto una specie di veranda che conduceva in giardino. Lì, seduti in cerchio intorno a una tavoluccia di vi– mini, dove "fu servito un cattivo ca:ffiè,Marcello disse che era latore d'un invito a pranzo per il giorno dopo; e che il conte Roberto, non avendo più notizie loro da quattro giorni, desiderava sapere della loro !Partenza, se c'era ancora nulla di deciso. A queste parole Be– nedetto arrossì fino ai capelli, e abbassò il capo per non guardare suo padre. Il maggiore Iupiter incominciò a tossicchiare, e chi sa quanto sarebbe \durata quella tosse, se la signora Celeste non avesse risposto per 1ui. - Come, ,non sa ? Non si parte, non si parte più, - disse, guar– dando in viso Marcello e abbassando l{)Oisubito gli occhi con un ; sorriso. - Si rimane qui tutti. Per quanto tempo, Stefano? In– somma, si rallegri, sarà [)er molto tempo. Marcello si rallegrò infatti della notizia, e poiché la signora B bliotecaGino Bianco I
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