Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929

33t U. Fracckia - Vorrei vivere in quel mulino laggiù, che giuoca con la ca– scata, - sospirava Alessandra. - A che cosa fare !POi n un mulino ? - chied.eva con uno sciocco sorriso la signorina Annamaria. - Macina macina mulino bello - a me il fiore e a te il cruschello, - canticchiò la signorina Dolores. Solo Marcello non diceva più nulla, ma anche le parole degli altri erano lente e strascicate. Si sentivano le ruote macinare il terriccio, lo stridere dei freni contro i cerchi, il calpestio martel– lante dei cavalli, il loro stronfiare ad ogni strappo di redini : e un lieve torpore, una pigrizia spenta, il languore della noia sotto il sole ora torbido e abbagliante incominciava a pesare su tutti. A un tratto un colpo di frusta, e i cavalli si misero al trotto vivo sO!I)rala strada divenuta piana. XVIII. Benedetto disse al nonno che stesse buono, gli mise in mano un giornale perché potesse scacciare le mosche che, entrando per la finestra presso la quale era seduto, fossero venute a importunarlor gli additò giù, nella via, i pescivendoli con le loro ceste inargen– tate, e gli disse: - Guardali belli, guarda i bei pesci che por– tano nelle ceste - ; ed era curioso udire un giovinetto della sua età !Parlare ad un vecchio come se avesse parlato a un bambino. Poi gli promise che sarebbe tornato in mezz'ora e uscì svelto dalla Corona di Ferro. - Come si fa, dove si va a cercar lavoro ? - si chiedeva per– plesso, dirigendosi verso il centro della città attraverso quell'intrico di vicoli e vicoletti per il quale la sera innanzi era passato suo padre. E se incontrava sul suo cammino una bottega di fabbro o di magnano, un im!I)agliatore di sedie, un falegname, un ciabattino, un cordaio, gli umili mestieri di quel quartiere, si fermava un istante a guardare l'operaio, simile a un ragno, in ognuno di quei buchi neri intento ai suoi arnesi. Aimbubaiarum collegia, ,pharmacopo1ae, Mendici, rmimae, balatrones, hoc genlli! omne Moestum ac sollicLtu:m est cantoria morte Tlgelli.. .. Benedetto masticava il latino della Seconda Satira, ma la me– stizia di quei fabbri e magnani, di quegli impagliatori di sedie, di quei falegnami e canapini, non era dovuta alla morte di nessun be– nefattore. Essi odiavano semplicemente il loro mestiere, e lo avreb- BibHoteca Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy