Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929

322 U. Fracchia amico invece fumò a lungo, passeggiando nervosamente sulla ter– razza. Si era anche dimenticato della lettera a Massimo e dell'in– cidente che gliela aveva suggerita, quasi si potrebbe dire ispirata. in quel pomerig·gio !Pieno di amare riflessioni sul passato, sul !l)re– sente e sull'avvenire. Rientrando cosi tardi, nemmeno i visi lunghi e imbronciati della moglie e dei figli lo avevano strappH,to al lieto– corso dei suoi nuovi pensieri. Egli era un po' distratto, ma allegro per tutti, e la leggerezza del suo spirito si era a poco a poco co– municata agli altri, confermando quanto soleva dire di lui la si gnora Celeste, e cioè che egli poteva fare à suo piacere intorno a sé· il nuvolo ed il sereno. La pros(Pettiva di quella gita in montagna era stata accolta con gioia. la signora Celeste avrebbe voluto sapere in un attimo, del conte Pepi, tutta la vita, ma purtroppo suo marito. non era in grado che di risponderle con monosillabi. Ora, mentre il maggiore Iupiter passeggiava avanti e indietro– per la terrazza, Alessandra !Prese per mano il nonno, che era ri masto a sedere nel vano di una finestra, e lo condusse a letto. ll nonno occupava una camera attigua alla sua, perché, se non aveva lei vicina, non poteva riposare. Lo scalzò, lo svesti, gli infilò per· il capo una lunga camicia da notte e, abbracciatolo coraggiosa– mente !Per le gambe, lo forzò a COIOJpiere un mezzo giro sul letto al quale si teneva appoggiato, e ve lo distese. Il vecchio ansava per la. gran fatica che aveva dovuto fare e si guardava intorno con un viso. aggrondato e cattivo. Cercava il suo berretto di !Pelo, che Alessan- · dra, premurosa, tolse da una sedia e gli mise in capo. Era questa, un'operazione difficile e delicata, e ràramente riusciva alla prima. Bisognava procedere con molte cure e cautele, e anche -fare asse– gnamento sopra una certa fortuna, perché il vecchio non era maf contento del modo come quel berretto andava a posarsi sulla suac testa. O scendeva troppo sulla fronte o troppo sulla nuca; ora ili chiudeva gli orecchi, ed egli indiS!l)ettito gli attribuiva la sua sor- · dità, ora gli vellicava il cranio, causandogli un prurito che lo, faceva fremere. Sicché, prima di trovare il suo stato normale, assu-– mendo di volta in volta le più strane e goffe forme alle quali un, berretto di !Pelo abbia mai dovuto adattarsi, esso doveva correre a, lungo su quella testa irritabile fino a, che un colpo di fortuna, met– tendolo a un tratto nella posizione desiderata, non riusciva a pro– curargli un onesto e meritato riposò. Cosi fece allora, e, simile a.. un gatto irto e invelenito, stette alla fine sulla fronte del vecchio– in un equilibrio sodisfacente. - Che cosa dobbiamo dire, Sandrina mia, - disse allora que– sti, scotendo il capo con un tremolio in tutto simile a quello della. sua voce, - io avrei preferito finire i miei giorni tranquillo, senz~ tanto girare per il mondo. Ma sia fatta la volontà d!')l Signore. Biblioteca Gino aianco

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