Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929

320 U. Fracchia è Giove tonante, ma sono io, il tuo vecchio compagno di gioventù, Stefano Iupiter. · - Strano, - osservò il conte Roberto: - Da giovane, non di– , mostravi proprio nessuna inclinazione per questo genere di ricerche. Pensavo piuttosto che saresti finito ufficiale d'artiglieria. - Infatti, - disse il maggiore Iupiter: - Ma se io ti raccon– tassi ora iper quali improvvise e dolorose vicende la mia, passione per l'ingegneria militare dovette dall'Italia trasferirsi nel Messico, e come in quelle strane regioni la febbre della miniera ti prenda così che, campassi poi cent'anni, non ipotrai mai più liberartene , come della lebbra, caro Pepi, né tu né io ·andremmo a dormire stasera. Ne vuoi un esempio? - soggiunse poi, con un vago sor– riso, iposando sull'amico uno sguardo ipieno di confidenza : - Sai che cosa farei io, ora, se fossi libero nelle n::i'.ie azioni ? Mi butterei su per queste montagne, dico sugli Azzurri, qui intorno, e non mi darei ipace se non dopo averne frugato anche l'ultima, screpola– tura. - Povero Stefano, e che cosa vorresti trovare ? - chiese con accento tra stupito e compassionevole il conte Roberto: - Pur– tropipo un buon tratto di quelle montagne mi appartiene, ma più che dolori non ne ho mai ricavato. ' - E non vi si trovano tracce di minerali? - esclamò il mag– giore Iupiter, fermandosi di botto sui due piedi: -Tracce di antichi scavi, di pozzi abbandonati ? - Molte, - rispose il conte Roberto : - ,Ma ,quanti hanno fatto ricerche e scandagli non son riusciti a trovare che sassi. - Ebbene, non sanno cercare! - proruippe il maggiore Iupiter con uno scatto d'impazienza : - Non hanno il senso della miniera ! Sai che cosa sono quelle grotte, quegli scavi abbandon~ti ? Sono gli stessi di cui parlano Cesare, Plinio, Velleio Patercolo e non, so quanti altri storici dell'antichità, quando chiamano queste mon– tagne l'arsenale delle legioni. Capisci? E le legioni romane ne hanno consumato ferro e rame ! - Lo avranno forse consumato tutto, - disse con un sospiro il conte Roberto. - Tutto! Come puoi dire tutto? - esclamò il maggiore Iu– piter: - La terra non è mica un limone, che tu lo spremi fino all'ul– tima goccia. È accaduto semplicemente questo: il Medio Evo, che ha distrutto l'intera civiltà romana, ha distrutto anchf\ le miniere romane. Ah, amico mio, - aggiunse con forza, - se~questo male– detto viaggio non mi tirasse per i capelli, vorrei vederle io da vicino le tue montagne ! E chi sa che, dove nessuno ha trovato nulla, io non ne trovassi abbastanza per tutti e due. - - Mio buon Iupiter, lo volesse il Cielo, pensa che bazza per i BibliotecaGino Bianco

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