Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929
Due nemici 313 ero tra i miei soldati a regolare il tiro e a vigilare che il lavoro fosse compiuto senza che gli uomini si sporgessero dall'orlo dei sacchi a terra, al che seguiva sempre una grandinata rabbiosa che trivellavà per un gran tratto l'aria d'attorno. E anche ipiù tardi tornarono ad accamparsi nel mio ricordo e nel mio pen– siero quelle strane parole: quando (chi potrà dire mai come sia accaduto? forse in un attimo di incoscienza, dove finalmente si era placata la febbre di quelle ore d'attesa .... ) fui io stesso a vio– lare le cautele predicate fino allora ai miei soldati, e m'ero ap– jpena affacciato dalla trincea, che già l'ombra e il silenzio erano intorno a me, caduto nelle bl'accia di Nardi, il quale s'affannava a cercare sotto le palpebre del suo tenente un superstite segno di vita. Da quel momento lunga alternativa di tenebre e dirchiaroveg– genze improvvise. Ho saputo qualche tèmpo dopo, da chi fian– cheggiava la lettiga in marcia, che ogni tanto durante il tragitto un filo di voce mi usciva di bocca e lasciava cadere nel vuoto un - inafferrabile nome ; ma, - fosse un subito rigurgito di sangue I nelle vene del moribondo, fosse a ravvivarmi il tepore della prima casa di paese che incontrai, lontano ormai dal tumulto della trin– cea, - è certo che un baleno di luce s'accese nel mio spirito, quando finalmente la lettiga imboccò la porta dell'osipedale im– provvisato a Timau. E furono i miei orecchi ancora vivi (ricordo con un'evidenza paurosa questa oasi di chiarità che emerge dal– l'ombra) a sentire il chirurgo, il quale, persuaso che io non fossi in grado di cogliere il senso delle sue parole, ordinava ai por– tatori: Mettetelo nella stanza in fondo alla corsia. Non c'è altro posto se non il letto accanto all'aviatore caduto stamattina. In- tanto sono più di là che di qua, tutti e due.... · E furono i miei occhi a scorgere poco dopo, nel letto accanto al mio, la forma d'un corpo umano disegnata dalle lenzuola; e il mio pensiero ancora vivo a fantasticare di una raffica che avesse travolto ad un teilljpo il cielo e la montagna, il mondo al cui ver– tic.e fino a qualche ora prima s'inorgogliva la mia giovinezza an– cora intatta, e la cupola cilestrina che la parola di Nardi aveva popolata di arcangeli come una parete del paradiso. Chi poteva essere infatti l'uomo disteso nel letto vicino al mio, se non uno degli aviatori nemici, che quella mattina sciamavano su Cima Freickofel? I primi approcci, quando di là a qualche giorno fummo sicu– ramente desti da un sonno che al chirurgo era parso mortale per tutti e due, furono lenti e difficili. BiblÌotecaGino Bianco
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