Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929
Agostino Steffani 309 Più tardi, col decadere dell'arte, il mezzo sarebbe diventato lo scorpo; e il virtuoso, sipesso né uomo né donna, avrebbe usurpato il trono al compositore, e rubato il cuore a più di una bella dama. Sebbene fiorito in un momento particolarmente favorevole, tra una generl:\'.zionedi grandi musicisti che scompariva (quella dei mae– stri veneti Benedetto Ferrari, Francesco Cavalli, Marcantonio Cesti) ed un'altra che doveva ancora affermarsi (quella degli An– tonio Lotti, Atdlio Ariosti, Antonio Caldara), lo Steffani non lasciò grandi tracce nel campo dell'opera teatrale italiana; mentre in Germania fu maestro ai maestri, e valse ad imrprimere caratteri nostri a tutto un rperiodo musicale tedesco. Non fu tra gli innova– tori, né si batté per sostenere qualche suo rprincipio d'arte. Fu in armonia non in contrasto con la scuola veneziana del suo tempo ; ma, in questo momento storico, va annoverato fra i maggiori. Un'av– vertenza da lui premessa a certe sue musiche, lo fa supporre non troppo tenero delle licenze e delle svenevolezze dei virtuosi : « An– che nei passi più semplici e naturali non giova nessuna maniera né leziosità; tutto deve essere cantato e suonato col maggiore scrupolo, e col rispetto di ogni nota. >> A dare un'idea di _quel che fossero i libretti d'opera del tempo, l'uno simile all'altro, e tutti ugualmente sciocchi, basta riportare un rpasso della melliflua dedica scritta da Ventura Terzago rper il Marco A.1trelio: « .... Eccole (il poeta si rivolge a Sua Altezza Elet– torale) in un Dramma quel Marco Aurelio che sul trono di Roma stam1pò l'Idea d'un savissimo e giustissimo Principe, quale ap– punto risplende V. A. E. oggidì alla Baviera fortunata che bacia il freno soave retto da mano così saggia e clemente. Spiacemi che non troverà qui V. A. E. Marco Aurelio quale io avrei veramente dovuto :figurarlo per renderlo degno, come egli è per altro, del suo benigno sguardo; ma si condoni questo difetto allo svagamento poetico ed alla bizzarria della scena, che cerca oggidì dalla varietà gli orna– men ti, né sembra far bene che errando.>> Per ciò che riguarda lo «spettacolo)), ecco l'èlenco delle così dette macchine o congegni teatrali, che figurano nell'opera dello Steffani Niobe regina di Tebe : « Gran mostro che si risolve in molti guerrieri. Fantasma che, sorgendo di sotterra, forma voragine in aria. Mura di ·Tebe, che s'innalzano a poco a poco. Due draghi infernali, che di sot– terra conducono sutla scena Creonte e Poliferno. Nube, che sorge in aria, e nasconde li suddetti. Gran nuvolosa, che dall'alto scende con Creonte in a!I)pareilza di Marte. Carpo trionfale fulminato da Laton, Apolline e Diana, che compariscono in aria con Deità com– pagne. Caduta di molti edifici, ed un terremoto. >> Non forse, dunque, nella musica teatrale (troppo rpoco c'è rima– sto, rpèr giudicare con certezza) ma in quella liturgica e da camera, Biblioteca Gino Aiànco
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