Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929

292 Lettere a,i F'erd-intindo _ilfartini ch'Ella confessa ipiù forte la lega a me che agli altri, di questo ritornare che io faccio a Lei con tanto compiacimento, dopo anni talora di silenzio e di lontananza, sol che le piaccia di richia– marmi? Asmara, 2:7 del 1899. Ho letto: poiché Ella vuole ch'io dica il parer mio, eccolo: vale quello che vale, ma è schietto. Fra questo volume 1 ) ed il primo suo corre, secondo me, un abisso. Lei ha fatto, nello scrivere, cle' progressi addirittura sbalor– ditivi : maggior sobrietà, maggiore ricchezza, di vocabolario, arte più :fina e più sicura nel rendere_, nello espr,imere. Oi sono qua e là delle cose veramente belle; e tocchi e frasi di un colo1·e, di una efficacia singolare e di una singolare evidenza. « Lo lavai più con le lacrime che con l'acqua>> (p. 88) ; « Le labbra 1parevano il taglio del salva– danaio)) (p. 173); «i campi irsuti>> (p. 178), e via via potrei ci– tarne altri dieci o venti ove la verità della osserva~ione è resa con maestrevole lucidità di scrittore. E quella è Toscana, sono conta- · clini toscani que' personaggi, alcuni de' quali apipaiono in tutta la loro verità umana, sebbene descritti con brevissime linee. (La Dory, per esempio, la Ermellina, la donna del Trovatello). De' i-ingoli racconti io 1preferisco Le boscaiole d'i Ra,n Rossore. O'è meno fatto che negli altri; ma non importa : se ne è, meno che negli altri, stuzzicata la curiosità del lettore voìgare, ha maggiori attrattirn, credo, iper l'intelligt>nte: la osi-ervazione v'è più diffusa e profonda: osservazione di natura intima, e di natura esteriore. Le fi_ql'i11,0le di Nena han tratti a,ssa,i belli: ma, se non sbaglio, il racconto pecca nell'architettura,· nell'economia. Troppi eipisoài vi s'intralciano, tJ·oppi personaggi vi si muovono sullo stesso piano; c'è dello snodato: s'esce dalla lettura confusi, con gli occhi abbar bagliati, come dopo aver miratq un caleidoscopio. Forse il quadro è troppo ristretto e tutte quelle figure non vi trovano il iposto che sarebbe lor necessario iper mostrarsi solide e ben piantate. Ma le paginP che chiudono l'episodio di Oaròla, sono squisite di stile e di sentimento. Delle parola.cce da far rizzal'e i capelli, non dirò a 'un A~cade– mico della Orusca, ma anche a uno studioso del comune parlare toscano (a proposito, perché scrive ospedale?) ce ne sono; non molte però: delle frasi o immagjni convenzionali, una sola m'è parso stridesse terribilmente, anche per il luogo ov'è iposta. In quella istessa pagina 96 dove è descritto lo stupendo gesto del braccio « che traccia una cornice immaginaria ad un quadro a lei sola vi– sibile)), ci sono anche gli cc alberelli i quali sembrano desiderare il 1) In Toscana, studi àal vero (Fkenze, Bemporad, 1899). BibliotecaGinoBianco

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