Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929
' Stampe dell'Ottocento : Il Teatro Pagliano 285 quelle ch'e avrebbero lasciato sentire nel teatro il volo· di una mosca i due finalmente abbracciati a dispetto di tutti, dicevano all'uni'. sono colle bocche unite La luna discende discende. Ma la luna, ch'era fatta con un lume a petrolio in cima a una pertica, e che un omino doveva calare ipianino pianino fino al mare, perduto l'equilibrio, cadde sul più bello in un tonfo : bwum ! I soliti altolocati per nulla soddisfatti di quel tramonto rumoroso e preci– pitato della luna fecero un finimondo, e il tenore esiperto, sicuro di: sé e della scena, non appena rifatta un po' la calma, riprese dolcis– simo e tranquillo : La luna è caduta nel mar. E allora giù, più finimondo che mai. Dopo tre ore di angoscie di ansie di speranze e di sconforti, dopo una scena di roghi di iprigioni di sotterranei orrendi, ed una serie di vigorosi sospiri e gemiti che ognuno pareva essere l'ultimo e che avrebbero fatto prognosticare vita prospera e lunga a quei per– sonaggi, questi infelicissimi amori trasportavano al cielo le loro tende. .O terra -addio addio valle di pianto sogno di ,gaudio che il dolor svanì. Si può dire che due lacrime pendessero ad ogni due occhi : la dama aveva dimenticato le tirannie-del proprio stile, il gentiluomo l'armatura dello sparato, la povera massaia i suoi cocci rimasti sudici in cucina, e il ,po1polano,fisso sugli eroi morenti, sentiva la gioia di una testa attonita e sconosciuta sfiorare la sua rattenendo insieme il respiro ; una mano invisibile teneva tutti e pareva, giuocando colle dita, serrare un ipo' la gola per inumidire il ciglio. Sopra un panorama di cimitero calava il bel telone rosso diipinto a grandi panneggiamenti sostenuti dai cordoni colle nappe d'oro. Si volevano rivedere più e più volte quei morti, né ci si stancava di farli venir fuori, per assicurarsi che erano sempre vivi e sani, e pronti a ripetere l'incanto poche sere doipo. Il pubblico sciamava piano piano, e sfollando il teatro affollava le sortite_ Sul marcia– ipiede squillava la cornetta di Poldaccio 1 il chiamatore di carrozze, ,O'obbosacrilego che tutta Firenze conosceva, sempre pronto alla beffa, agguerrito da cinquant'anni a tener fronte vittoriosamente a combriccole numerosissime di giovinastri aizzati. Egli là in mezzo, come il padrone, trionfava, offendendo oramai colla parola, col bliotecaGino Bianco
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