Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929
]!Juripide 275 della più fresca e più alata che vanti il Parnaso greco. Il vecchio, di settantacinque anni almeno, ha dimostrato a chi di questa dimo– strazione aveva bisogno, qual tesoro di poesia albergasse sicuro nel suo petto e come laPga v-ena ne sgorgasse appena le preoccu– pazioni critiche e razionalistiche egli potesse mettere, sia pure volutamente, da iparte. Ed ecco che, se non è iproprio allucinazione la mia, appunto la tragedia di Penteo, l'apparente eccezione, con– ferma egregiamente la regola che ci aveva guidato nel giudizio della restante opera di Euripide. Questo modo, del resto non esclusivamente nostro, d'intendere l'opera poetica di Euripide spiega anche per buona iparte le sue innovazioni tecniche : la monodia libera, il prologo, il deus ex ma– china. Aristofane fa il suo mestiere, e lo fa benissimo, mettendo in parodia, - e qual mirabile parodia, - i canti monodici, gli a solo di Euripide ; ma .hanno torto i critici che della monodia libera pongono in rilievo soltanto l' inferiorità artistica risipetto alla grande e solenne e sapiente composizione antistrofica. Converrebbe anche dimostrare che il contenuto della monodia ipotesse semipre e con la medesima efficacia esser trasfuso in composizioni classica– mente strofiche, - fosse pure Giovanni Sebastiano Bach l'artefice di questo stile fugato, - e la dimostrazione non è stata mai fatta. Provatevi a dimostrarlo per l'agitata monodia di Cassandra nelle Troadi o per quella dello schiavo Frigio nell'Oreste! E ricordia– moci poi che l'effetto teatrale fu, per necessaria conseguenza dei suoi intenti di propagandista, la stella polare di Euripide : : 5).o~ lm:ì ioii {)e6:r:eov, egli è tutto del teatro 1 dice egregiamente un com– mentatore antico. Ora in un temipo in cui la virtuosità musicale di singoli· attori s'imiponeva al pubblico forse più della filosofia della parola, poteva egli rinunziare a questo mez,zo di sicura efficacia? Perché Vincenzo Bellini non avrà, poniamo, qualche volta resistito a certe analoghe esigenze dei cantanti e delle cantatrici del suo tempo, mentre vi si ribella oggi il più modesto degli operisti, direte forse che nella scala dell'arte Vincenzo Bellini va collocato più giù dell'operista modesto? Il prologo e il Deus ex machina vanno anche essi giudicati dal IJ)unto di vista dell'intendimento supremo del poeta. Egli che va scrutando d~pertutto nuovi miti, nuove situazioni, nuovi intrecci, in servizio dei problemi ·che vuole agitare, arricchisce da una parte il teatro di una infinità di soggetti, che sotto altri nomi e in altre forme lo domineranno e lo dominano ancora, ma è costretto da un'altra parte a dare agli spettatori in qualche modo il filo perché sappiano subito di che si tratta, perché non distraggano nella in– quadratura del dramma l'attenzione che il poeta vuole serbata vigile e continua al contenuto sostanziale, e ricorre perciò al co- Biblioteca Gino Bianco
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