Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929

274 G. Vitelli sparse nel dramma rportano anche esse ad escludere una polemica col mito. Esse si riducono a questo volgare concetto : conviene rispettare gli Dei, conviene onorarli anche quando la ragione pu– ramente umana consiglierebbe la ribellione : chi si ribella è punito, è orribilmente, spaventosamente, vergognosamente punito. Ep[Pure è semplicemente assurdo pensare ad un pentimento, ad una ritrat– tazione del poeta. Per la via in cui Euripide si è 'messo ed ha persistito per cinquanta anni, una ritrattazione siffatta è inconce– pibile: fosse anche concepibile, è smentita dalla Ifigenia in Auliàe che fu anche essa rappresentata dopo la morte di Euripide, e sarà stata composta anche essa negli ultimi suoi anni di vita: tanto è vero che rimase, per quanto possiamo giudicare, non finita. È assurdo rappresentare Euripide come un razionalista del nostro tempo, che rammollito d'intelligenza all'appressarsi della morte inganna sé e gli altri rinnegando tutta una nobile e diuturna lotta contro concezioni superstiziose ed immorali; è colpa dimenticare l'ultima scena della tragedia. La madre infelice che nel furore di baccante ha sbranato il [Proprio :figliuolo senza riconoscerlo, tornata in senno inorridisce di se stessa. Non si ribella al Dio, piamente lo prega, piamente riconosce di averlo offeso, riconosce di aver meri– tata una punizione, ma quella punizione essa proclama eccessiva : la sua coscienza religiosa le fa esclamare, presente lo stesso Dio 1 essere sconveniente che gli Dei sieno così vendicativi come gli uomini : òeydç neénet ,{}wvç O'iJX oµowvo,{}ai f3eowiç ' non devono gli Dei agguagliarsi agli uomini. Non è comipendiata in questo verso tutta una fiera polemica di cinquanta anni ? L'impressione mia, dunque, è .-lfn po' diversa. Euripide deve avere avuto buone ra– gioni per non porre qui in evidenza la sua polemica contro la tradizione mitica, come buone ragioni 1politiche aveva già altra volta avute quando compose le Supplici) tragedia anche essa priva 9-i irritante polemica; ma non per questo ha rinunziato alle sue convinzioni. Era talmente gravido d'orrore il mito per se stesso, che il roeta poteva trascurar di combatterlo a colpi di spillo: ba~ stava che Agaue, pazza di bacchico furore, agitasse sul tirso il capo sanguinoso del figlio, perché ogni uomo di senno ne traesse l'unica assennata conclusione : tantum religio potuit su,adere malorum. E questa voluta astensione polemica ha liberato una volta almeno– il gran poeta dal tormento di portare in ogni scena quei contrasti di idée e di sentimenti che fanno giustamente apparire l'arte sua tanto da meno di quella di Sofocle. In fatti per consenso universale le Baccanti nulla hanno ad invidiare ai più celebri capolavori del teatro di Eschilo e di So– focle, rer altezza di lirismo, iper economia sapiente, per equabilità sostanziale e formale. I cori delle Baccanti sono poesia schietta,. ' . BibliotecaGino Bianco

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