Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929

Euripide 273 di ricerca affannosa, di angosciosa indagine, di passionata pole– mica etica e religiosa, sociale e politica. Dicono che anche Platone, , in gioventù, componesse tragedie ; e non io certamente porrò in dubbio l'ingegno schiettamente ed altamente ipoetico del sommo filosofo. Ma la condizione della sua psiche, come oggi si dice, era ~i:oppo analoga a quella di Euripid~; ed egli disse addio alla tra– gedia, e poté ipoi ~on sublime iparadosso bandire Omero e la trage– dia, daìla, sua repubblica. Euripide poeta, e soprattutto poeta, non può bandire la poesia, ma ne trasforma il contenuto sicché risponda alle sue tendenze etico-filosofiche. Non può bandire la poesia, non può bandire il mito che ne è come essenza e sostanza vitale: lo trasforma dunque, lo mutila, lo altera senza pietà, senza riguardo alle belle immagini, alle belle fantasie onde si allietarono le an– tiche generazioni, interpola, sopprime, inventa di sana ipianta, ipur di poter presentare com'egli vuole il problema che in quel momento lo agita, sia esso di religione o di morale, della vita di tutti i giorni, della vita della famiglia, dell'individuo, della sua città, dell'umanità intera. Ma io ho dimenticato finora quella delle tragedie di Euripide --·--che.sembra in aperto contrasto con la tendenza che abbiamo consi– derata come caratteristica del suo dramma : intendo dire le Bac- . canti) tragedia composta da Euripide verosimilmente negli ultimi anni di vita, forse fuori di Atene, in Macedonia, alla corte del re Archelao. Certo in Atene fu rappresentata la prima volta un anno dopo la sua morte. Io iperò l'ho dimenticata a bella posta finora, iper servirmene come riprova di quello che finora ho detto. C'è una ampia letteratura sul problema che questa tragedia presenta, e fa piacere che anche dotti italiani abbiano trattata con acume ed assennatezza la difficile quistione. Nelle Baccanti) senza ombra di dubbio, il poeta, contro ogni sua abitudine, non polemizza contro un mito feroce e crudele. Penteo è savio re di Tebe, che si opipone alla introduzione del culto dionisiaco per ragioni buone o cattive che sieno, ma ad ogni modo in buona fede; Penteo meriterebbe la simpatia di un iPOetacome Euripide, che infinite altre volte ragiona proprio come lui in fatto di miti e di tradizione divina. Invece la tragedia p_uò 31Pparire, ed è apparsa a parecchi, glorificazione dell'acquiescenza ai miti più ripugnanti. Dionysos si vendica di Penteo, esalta 'di dionisiaco furore le donne della famiglia regale : il re diventa ludibrio del Dio e delle sue Baccanti, Penteo cade -vittima miserevole della sua stessa madre, che ne agita in trionfo -il capo sanguinolento. È una scena sipaventosa, che quattro secoli più tardi, anche fra i barbari dell'Asia, fra i ~arti del tempo di Crasso non mancava il suo terribile effetto tragico : e quale effetto, si legga in Plutarco. Le sentenze e le considerazioni a larga mano 18. - Pègaso BiblìotecaGino Bianco

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