Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929
272 G. Vitelli vivere nell'epoca di transizione da una età ad un'altra socialmente, moralmente, religiosamente diversa. Una grandiosa crisi di co– scienze avviene durante la loro vita e nell'a,mbiente dove essi vi– vono; e tutti e due, pure in antitesi come sono, fedelmente r3jp– presentano condizioni srpirituali e morali di quella età e di quel– l'ambiente. Ma mentre l'uno per temperamento e forse anche per educazione si adatta ancora senza disagio nella concezione reli– giosa del passato, e anche di un remoto passato; l'altro per tem– peramento, e probabilissimamente iper educazione anche lui (non per nulla tutte le tradizioni !Più autentiche lo pongono in relazione di discepolo, di amico, di ammiratore degli esprits forts) dei filo– sofi, dei pensatori del suo temrpo), non sa più vivere quella vita an– tica, né ha già trovata la formula che soddisfi l'ideale della sua anima inquieta. Madre natura gli aveva dato ogni più bella dote di talento poetico, fertilità di fantasia, l'icchezza e grazia inc-ornpara– bile di eloquio, facoltà meravigliosa <~ianalisi psicotogica (nessuno prima di lui, e nessuno meglio di lui analizzò la ipiù misteriosa e la più ribelle delle anime, l'anima, rlella donna), faeoltà di. produrre l'ef'fètto drammatico e la commozione, come, a giudizio di Ari– stotele stesso, né ad Eschilo né a Sofocle era mai l'iuscito : con · tali doti divine egli si dedica a quella forma cli. operosit:à ,poetica che sola gli dava modo cli agitare efficacemente, innanzi al gran pubblico, i problemi ond'era tol'Inentato il suo S[)irito. Pretendere da lui la serena obbiettività cli Sofocle è assurdo; rper questa mancata obbiettività negargli grandezza di poesia è ingiusto. Piuttosto bisognerebbe _avere la temerità di dire che il teatro non era affar suo; ma chi questa temerità avesse, dovrebbe fare i conti con· Aristotele che lo ha proclamato il più tragico dei poeti, rea– ri"dn:awç ; dovrebbe fare i conti anche con Goethe, che non si la– iiiciò traviare dai :filologi del suo tempo e dalle teorie cli Augusto Guglielmo Schlegel. In data del 22 novembre 1831 scriveva il vec– chio Goethe nei snoi Diarii: « Mi rnaraviglia che l'aristocrazia dei :filologi' non comprenda i pregi di Euri1Pide, e, per solito, con sovrano disdegno lo subordini ai suoi [Precedessori, facendosi forte delle buffonerie di Aristofane. Eppure Euripide ha avuta efficacia, enorme .... E c'è forse nazione che abbia avuto dopo di lui un poeta drammatico degno almeno di porgergli le pantofole?>> Così si espri– meva Volfango Goethe, dopo aver riletto l' Ione) quell' Ione dei cui vizi scenici e drammatici la critica moderna si riemipie spesso e volentieri la bocca! Ma oramai da un pezzo le (Parole del Goethe sono facilmente accessibili nella edizione di Weimar delle sue opere, e sono passa,te in più di 1m trattato di storia letteraria. È lecito aùgnrarsi che valgano a rendere più prudenti i critici futuri. Il èlramma, di Enripicle fu quello che clovf:'vn, Pssere, strumento BibliotecaGino Bianco ·
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