Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929

Euripide 271 gedia come potè Sofocle. E la critica antica e moderna, _giustamente guardando anche essa obbiettivamente al valore artistico dell'opera che n'è derivata, ha ·collocato Sofocle dove ipiù in alto non si potrebbe. N eque ego illi detrahere ausim I haerentem capiti cum m,-itlta laude coronam. Anzi sono anche io, per quanto minimo, fra i suoi adoratori più fervidi. I miei dubbi, le mie esitazioni non vogliono togliere nepipure una fronda alla gloriosa cqrona del poeta di Aiace e di Antigone, di Edipo e di Filottete. I miei dubbi e le mie esitazioni hanno esclusivamente di mira le teorie antiche e moderne della tragedia, o piuttosto quelle teorie le quali, a priori od a posteriori che sia, riescono alla costruzione di un tipo unico di dramma tragico. La Poetica di Aristotele non è certamente respon– sabile di tutte le barocche teorie, dirò così, unitarie che in Italia e fuori hanno dominato per secoli il teatro : ma, è inutile negarlo, anche Aristotele ha preteso di :fissare la tragedia in un tipo deter– minato. Dobbiamo a lui notizie preziose per la storia del dramma attico, ma il suo scopo ultimo non è la storia, è la teoria del dramma. Or come in questa teoria aristotelica, per larga che sia l'indagine storica onde emana, non trova, naturalmente, posto né Amleto né Re Lear, e neppure Wallestein o Don Oarlos; così io dubito d'incontrare quando che sia altra teoria estetico-filosofica sicura di non escludere oggi o in avvenire forme d'arte altrettanto giustificate quanto quelle che senza sforzo vi sono comprese. Da questo si vede in quale stadio infantile si trovi la mia critica della tragedia. Se si vuole sapere da me che cosa è e che valore ha la tragedia di Euripide, io, per prepararmi a rispon– dere del mio meglio, rion credo di aver bisogno di una vera e pro– pria teoria arciscienti:fica della tragedia, né di una rigorosa defi– nizione da applicare alle tragedie euri.Jl)idee. Ho l'ingenuità di credere che sotto il nome d:l.tragedia non comprendiamo mai al– tro che poesia rappresentativa, di azioni non ridicole, di pas– sioni calde e vive, di personaggi che nel bene o nel male portino qualcosa di non volgare, di caratteri, in somma, che, o per insite qualità o per le condizioni in cui vengono a trovarsi, interessino potentemente l'animo nostro: ipoesia rappresentativa, destinata al teatro, al gran pubblico, non alla lettura di pochi e di dotti. Con tali semplici p_resupposti, cerco di capire il mio Euri.Jl)ide, O'Uardando da un 1punto di vista obbiettivamente storico la sua ~pera e le sue tendenze, in quel tempo, in quella città, in quel– l'ambiente intellettuale e morale,. con quelle sue tali e tali altre doti di talento e di poetico ingegno. Così non mi accade di pre– tendere da Euripide ciò che mi sa dar Sofocle. In breve dunque, ecco l'impressione mia, e più che d'impres– sioni non mi è lecito parlare. Sofocle ed Euripide si son trovati a BibliotecaGino Bianco

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