Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929
270 G. Vitelli- materia inevitabile del dramma tragico, l'ispetto al mito, è ana– logo se non identico: la differenza è esclusivamente o almeno pre– valentemente cronologica. La critica razionalistica del mito nasce appena, quando Eschilo è già molto innanzi con gli anni; ep– pure egli stesso rappresenta una religiosa ribellione alla religione tradizionale e mitologica. Il suo Zeus non sarà tutto quello che alcuni fantasiosi moderni vi hanno scòrto, ma non è neippure lo Zens de]]a coscienza comune ellenica. In questa la mitologia poe– tica ha preso il sopravvento, e un~ serie di miti divini si presenta in forma di sfida alle coscienze eticamente elevate come quelle cli Eschilo e di Pindaro. Il profondo sentimento religioso che li anima non tollera la negazione pura e sem[)lice o la trasforma– zione sostanziale <lei ·mito stesso, ma spinge imperiosamente e l'uno e l'altro a cercare una spiegazione che salvi insieme il po– stulato religioso e la coscienza morale. Pindaro lirico non esi– terà a dirlo e a ripeterlo : nella religione si è infiltrato largo seme <li falsità poetica, indegna della divinità. Dovere del sapiente, del aocp6ç, cioè del poeta come intende lui l'arte sua, è di restituire alla purità pristina ciò èhe nella tradi7Jone mitica è inquinato. Eschilo poeta drammatico ha meno occasione di dirlo e di ripe– terlo; ma si tormenterà egualmente a conciliare Prometeo con Zeus, e a purificare la vendetta di sangue che, forte dell'autorità divina, giunge !Perfino al matricidio. Ohe Oreste tranquillamente uccida la madre, senza esitazione perché glielo ordina l'oracolo d'Apollo, può tranquillamente considerarlo Sofocle come pn sem– plice dato di fatto: per Eschilo è un !Problema tormentoso, che· non [)UÒ esser posto soltanto, ma deve esser risoluto in maniera; da non generare altri problemi altrettanto tormentosi. Precisa– mente come è problema tormentoso per Euri[)ide: con questa dif– ferenza che la soluzione di Eschilo rimane nell'ambito della reli– gione, quella di Euripide conclude con la condanna esplicita dello, stesso oracolo di Apollo. Io so bene che la storia non si giova di proposizioni ipotetiche e condizionali; e lo storico ha il diritto di ignorare che cosa avrebbe fatto un uomo della tempra d'animo e d'ingegno di Eschilo, se fosse nato trenta o cinquanta anni più tardi. Né io vorrò preten– dere che sarebbe stato un altro Eur~pide. Ma ogni più severo storico mi concederà anche che egli non avrebbe assunto, rispetto al mito, religioso, quella serenità olimpica che ha reso possibili i capolavori Sofoclei. In quella serenità olimpica, o io m'inganno, è buona, parte del segreto dell'arte di Sofocle. In altre doti (Poetiche non gli cedono in alcune Eschilo, in altre Euripide : ma né l'uno né, l'altro, data quella inevitabile qualità di materia tragediabile, poterono con tanto sovrana e serena obbiettività trattar la tra- BibliotecaGino Bianco
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