Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929
Euripide 265 la tragedia lascia· trasparire un sentimento di affetto per lei, di rimbalzo, quando augura che il loro figlioletto cresca bello e forte « e sia la gioia di sua madre>>. Persino il suo più infesto nemico, Ulisse, è in preda a religiosa compassione 1per la sorte indegna toc2ata ad un tale eroe: più tardi sarà proprio Ulisse che rivendi– cherà ad Aiace il diritto di onorata sepoltura. Atena stessa, la Dea puntigliosa, non sa tacere quanto miserevol cosa sia che quell'eroe senza macchia e senza paura compaia cosi avvilito. Cosa importa che fosse fatale il suicidio di Aiace ? Potrebbe averlo inventato di sana :pianta il poeta: e non ,parrebbe esso perfettamente spiegato con l'analisi cosi fine ed accorta del suo carattere come si riflette nel sentimento dei soldati, della moglie, dei nemici ? E quando, rinsavito, egli discorre col pensiero la sua ridicola follia; quando pensa che nulla al mondo potrà sottrarlo allo scherno, al ludibrio dei nemici; quando gli sovviene con quali speranze lo aveva con- . gedato il padre, eroe autentico anche lui, e in quale avvilimento dovrebbe ora tornargli dinanzi; quando neppur doipo l'avvilimento indegno lo abbandona la coscienza del proprio valore, e sollevato sulle braccia il fanciullo Eurisace gli dirà : « figlio mio, possa tu esser più fortunato di tuo iPadre; ma fa' di somigliargli nel resto, e non sarai un dappoco )), -_ chi non capisce che con o senza fato quest'uomo non può, non deve sopravvivere alla sua vergogna? Gli Dei e il fato sono frangia: Aiace si uccide, perché quell'eroe, di quella tempra d'animo, in quelle condizioni non può non ucci– dersi. Persino in quel maravig'lioso Edipo Re, nella << Schicksalstrago– die >>per eccellenza, dove tutti i presupposti del dramma sono or– rori fatali e nefandezze fatali, il dramma stesso è imperniato sul tormento di una pura anima df eroe obbligata a riconoscersi incon– s34pevolmente macchiata di quegli orrori e di quelle nefandezze. Tale è la finezza dell'arte psicologica del poeta, che noi stessi lettori o sipettatori moderni finiamo per dimenticare quello che sappiamo, e come lo sappiamo, dell'antefatto, e abbiamo l'illusione che non cosi crudelmente lo colpirebbe la sventura, se egli sapesse esser più riguardoso verso coloro che sanno e minore ansia lo agitasse di conoscere la terribile verità. C'è dei momenti in cu~ ci sembra persino che a quegli orrori e a quelle nefandezze egli jpartecipi solo in quanto egli stesso si affanna perché sieno svelate. ' Si fa ipresto a porre insieme 'Eschilo e Sofoc~e, e a rap~rese~ · tare con altisonanti parole Euripide come colm che umamz.za 11 mito non solo in quanto riduce a borghesi di Atene e del Pireo ' t ' gli Dei dell'Olimpo e gli eroi d'Omero, --:---e ques o _e ve_ro, - ma anche in q·uanto eO'li cronologicamente primo, concepisce 11dramma h ' • • f t come esiplicazione. di caratteri puramente umam; s1 a pres o a Bibli'otecaGmo Bianco
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