Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929

Ricordi italiani di un filologo tedesco 383 _permettesse, le stava bene. Era capa~e di scendere la scala del: Campi– doglio con una lucertola verde viva sul collo, come fosse stato' '?-Il gioiello, per andare a fare una visita. I fiaccherai si leticavano l'onore di avere nella loro carrozza la ' donna grassa '. >> lo ho sentito ancora narrare di un vetturino che, a lei che cer- cava di contrattare, come usava allora : << Me porti per mezza lira alla ' Hitonna? >>, rispose: <e Sì, in du' vorte >>. Ma so anche che eroica infer. miera essa sia stata negli ospedali di Roma. Il Wilamowitz passò in Grecia i mesi dal marzo al maggio del '73. Di un secondo periodo italiano, dal maggio '73 all'aprile '74, trascorso in gran parte tra Pompei e Roma, manca qui lo spazio di parlare, ma · non voglio ,finire senza il racconto di un'avventura perugina, che ancora una volta ~i mostra nel filologo l'uomo esperto della vita e degli uomini, che non chiede a· essi più di quello che essi possono dare e sa ridere senz'acrimonia. Giunto a Orvieto da Perugia, si accorse di avere perduto il bors·emno che, secondo l'uso militare tedesco, portava appeso al collo e conteneva tutto il suo viatico: se lo era levato la sera, stanco, e lo aveva dimenticato in camera fa mattina. e< Ripartii subito, e arrivai a Perugia a sera tarda all'albergo. Lo stesso vecchio cameriere si mise a farmi il letto nella stessa cameruccia solitaria e senza finestre. Tutti dormivano. Non poteva aver trovato il denaro altri che lui. Lo interrogai; negò, ma in tal modo che io non ebbi dubbi. Gli pfomisi 50 lire; gli feci eapirè quel che significava per me la perdita dei denari per iÌ via,ggio. Nessuna risposta, ma non an– dava innanzi nel rifarmi il letto. Il disagio era evidente. Dovevo affer– rarlo, provare la violenza ? Io ricorsi a tutt'altra, ma più efficace elo– quenza. 'Come si deve sentire uno, all'ora, del rimorso, quando va a confessarsi e tace anche lì e s'incammina verso il Giudizio Universale! Ché non si può avere l'assoluzione senza confessione. E che pace invece dà la coscienza di una buona azione! '. Allora egli si voltò e disse quasi s!)nza voce : - L'ho io, lo vado a prendere. - Lo lasciai" uscire : mi riportò il borsellino, ed ebbe cinquanta lire: n Anche il nostro· re e la nostra regina sono ricordati in questei l\iemorie. Il Wilamowitz narra di aver partecipato al congresso sto– rico di Roma nella primavera del 1903, insieme con il grande lati– nista di Bonn, Biicheler, che aveva passato tutta la sua vita a illustrare ci~ che vi è di più intimo nella vita romana e nelle lingue italiche, dalle tavole iguvine a ·Petronio, e, vecchio, non aveva veduto ancora Roma. « Così ebbi la gioia indimenticabile di esser testimonio di quanto egli godesse a· calcare questo suolo, che gli era straniero, eppure sacro. Riuscii a tenermi libero un pomeriggio, per portarlo al Testaccio, pas– sando dall'Aventino, e gli andavo additando i posti storici, fin dove giungeva lo sguardo. Egli si entusiasmava a ogni vista; e, quand'io gli mostrai il bel pezzo di mura serviane sotto San Saba, tese la mano ad accarezzare nella commozione le pietre, bisbigliando: ' Son loro, pro– prio loro'. Nella prima seduta, la sezione filologica lo nominò presi– dente, ed egli parlò latino, cosa che dapprima stupi. Il giorno dopo lo sostituii io e feci come lui. Gli Italiani seguirono subjt-0 il nostro B_iblÌoteca Gino Bianco

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