Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929

Ricordi italiani d,i un filologo tedesco 381 e la Florentia romana; ma la grande Firenze comprende solo il tempo dalla lotta tra Guelfi e Ghibellini fino alla caduta della repubblica., La Notte e il Giorno di Michelangelo stanno sulla tomba di questa Fi- renze e annunziano la sua vita eterna.» · Alla nostra Firenze il Wilamowitz è grato, perché come in Schul– pforta la ,filologia, cosi qui gli si rivelò la storia. « A questa conoscenza io devo, se allora mi divenne chiaro il -com– pito della scienza ,filologico-storica, che io ho difeso per tutta la mia vita. La filologia di Hermann e Lachmann noii mi aveva mai soddi– sfatto; l'archeologia di O. Jahn era stata più che pura storià dell'arte .... Storia dello spirito può suonar sublime, può esser sublime; ma si corre il rischio che lo spirito svanisca in parole moderne, se la vita che lo ha generato non è afferrata nella ima totalità, non è proseguita e compresa in tutte le sue manifestazioni corporee ».... ,« Il dotto tedesco o quello che dotto voleva diventare, trovava, alloggio in casa, Nardini, in Borgo Santi Apostoli, nel buio di un vecchio vicolo fiorentino. La Signora Nar– dini, fiorentina autentica come scesa giù da un affresco del Ghirlandaio, . non sapeva leggere, ma parlava il melodioso toscano con certe forme che le grammatiche dan per morte e proprio in quelle il lettore dei vecchi testi fiorentini si sentiva a suo agio. Mercato Vecchio non era ancora distrutto : male odorante; ma usava nella vecchia Firenze che i mariti andassero a far la spesa e riportassero a casa i deliziosi funghi e gli erbaggi in fazzolettoni variopinti. » Io credo che il Wilamowitz qui si sbagli : l'usanza che gli uomini vadano al mercato, c'è in Italia, per quel che so, solo là dove è fiorita una civiltà greca o bizantina, nell'Italia Mel'idionale e in Sicilia. Ma ancora quand'io ero bambino, a Roma, ogni famiglia che si rispet– tasse, anche la mia, aveva un cuoco, e non una cuoca, ch'era istitu– zione della piccola ,borghesia, indegna del «generone». Quei «mariti>> saranno stati i cuochi! « In piccoli caffè bui e nelle retrostanze di osterie e fiaschetterie a buon mercato s'apprendeva, per non disimpararlo più, l'amore per la. cucina italiana e pel Chianti schietto. La città si correva in su e in giù ogni giorno, e non era troppo grande per divenir familiare in ogni sua parte. ,San Marco pareva già suburbano, andare a veder Masaccio al < )armine faceva l'effetto di una lunga passeggiata. Il piazzale Miche– langelo con le sue piante non c'era ancora; si saliva a San Miniato per ripide viuzze solitarie; lassù in q,uella pace la felicità di essere a Firenze era più forte che mai. » , A Firenze il Wilamowitz era stato anche nel '98, e narra della so– cietà, che ogni volta gli riesce bene-fica, dei colleghi itali.ani e della vita popolare italiana, cosi familiare e cara, _«tutto cosi poco berlin<>se>J. Nella casa ospitale di Girolamo Vitelli, trovò una cerchia di -uomini d'ingegno le cui relazioni reciproche erano così cordiali e cosi libere, -come di ;ado persino a Gottinga. -Sì, noi studiosi italiani ayremo un monte di difetti, ma non siamo fatti per divenire «bonzi» (voi avrete udito questa parola, come me, a Gottinga, e avrete voi stesso riso di ,colleghi divenuti « honzeschi » talvolta, ahi, prima che vecchi). 1bliotecaGino Bianco

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