Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929

Ricordi italiani di un filologo tedesco 377 tavia che, in certi luoghi, si desideri di sentirlo maggi~rmente abl,au– donarsi al suo istinto poetico, e concedergli più largo respiro. Come si sarebbe gradita una particolareggiata discussione dei Petits poèmes, nei quali _è certame1;1-te « l'aria dei qua~ant'anni )J; ma un aria, con gente come 11Baudelaire, non da buttar ~1a. Sei « commentari )J intorno alla vita dell'artista alle opinioni dei . ' contemporanei, alla architettura di Fleurs dtt mal,· alle influenze e derivazioni, ai rapporti del Verlaine, ciel Mallarmé e del Valéry, col Baudelaire, ecc., ricollegano la trattazione critica con la miglior bi– bliografia sull'argomento; completando il volume, al quale ogni lettore sente che tornerà con gusto e profitto. EMILIO CEJCCHI. -ULRICH VON WILAMOWITZ-MOELLEN~Rl!'F, Erinnerungen (1848-1914). K. F. Koehler, Lipsia, 1929. Marchi 8. Il lettore comune si accosta di solito con diffidenza a libri autobio– grafici di scienziati. Il lettore comune non ha torto, ché scienziato non Yuol dire sempre spirito largo, e si può essere fisiologi, chimici, minera,.. lologi grandi, senza provare curiosità né avere intelligenza per i propri compagni di umanità; si può passar la vita sperimentando senz'acqui– stare esperienza. Possono anche filologi grandi esser fatti così ? Ragio– namento e pratica mi direbbero di no; ché anche il più puro eroe di varianti, ogniqualvolta fa un testo e si ferma a una difficoltà, deve, se vuol capire qualche cosa, chiedersi come fossero fatti, come pensassero tutti e due, l'autore e lo scriba, deve potersi raffigurare un'anima, grande o piccola che sia. I filologi vivono talvolta tra i venti e i trenta anni come -in un tubo, ché l'età che per gli uomini comuni è la più sva– gata, suol essere per i dotti la più concentrata; ma a trent'anni escono quasi tutti da quel guscio e lasciano che gli occhi si volgano tutt'intorno con libertà perfetta; tanto più grande, quanto più grande è il filologo. Le discipline dello spirito esigono che chi le coltiva, abbia non dirò per– Ho1rn.Iità,ma almeno umanità. 11 maggiore tra i filologi tedeschi e non tedeschi del secolo XIX, che oggi, ottantenne, pubblica i suoi Ricordi, Ulrico di Wilamowitz-Moellen– dorff, sarebbe stato preservato dall'unilateralità già per virtù della stessa ampiezza, complessità, profondità della sua ricerca. Egli, agli innumerevoli testi che ha ricostruiti, emendati, interpretati, ha sempre chiesto il segreto ·dello spirito : dello spirito degli uomini di genio, e dello spirito delle età. La sua filologia è stata sempre, fin dalla gio– vinezza, storia, dall'era omerica e dai tempi micenei e cretesi giù giù fino a Costantino; storia che si distingue da quella civile solo perché da una parte si estende a fenomeni che dalla civile, come comunemente s'intende, sono esclusi, dall'altra penetra, molto più profondamente nel segreto delle personalità singole. Ma egli non è neppure passato pér quel periodo giovanile di ristret– tezza o astrazione quasi feroce di cui si diceva e dal quale così pochi rimangono immuni. Ne lo han salvato condizioni di famigUa, inconsuete BibliotecaGino Bianco

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